22 Aprile 1897

22 aprile

L’anarchico italiano Pietro Acciarito tenta di accoltellare Umberto I presso Roma.

Due giorni prima del tentato regicidio Acciarito chiude l’officina da fabbro e saluta il padre, avvisandolo che è l’ultima volta che lo vede. Dice che si recherà all’ippodromo, quando il padre gli chiede se ha intenzione di emigrare o di suicidarsi.

Il padre, che sa che il 22 Aprile Umberto I andrà a vedere le corse di cavalli sulla Via Appia organizzate per il 29° anniversario di nozze con la regina Margherita, si reca alla polizia per avvisarli di un tentato regicidio per quella data, in quel luogo.

Il 22 Pietro Acciarito si mescola alla folla che si accalca presso l’ippodromo, e nonostante la polizia sia all’erta, riesce ad arrivare fino alla vettura reale. Armato di coltello, cerca di colpire il re, che riesce a schivare il colpo e a rimanere illeso.
Acciarito si allontana senza fretta, ma viene fermato dopo una cinquantina di metri.

Acciarito viene interrogato e torturato, perché la polizia è convinta che lui sia il braccio di un complotto più vasto. L’attentato giustificherà anche arresti arbitrari di socialisti, anarchici e repubblicani. Per convincere l’anarchico a parlare la polizia creerà anche una falsa lettera della sua fidanzata che lo informa di essere incinta. Con la promessa di essere liberato presto per ricongiungersi con la sua famiglia, Acciarito farà il nome di cinque persone, immediatamente incarcerate.

Questi cinque verranno riconosciuti innocenti, Acciarito invece verrà riconosciuto colpevole di tentato regicidio e condannato all’ergastolo.

Tenuto in isolamento, finirà per impazzire e verrà trasferito al manicomio criminale dove già era morto Giovanni Passannante, un altro attentatore di Re Umberto.

Morirà in manicomio nel 1943, poco dopo la fine del regime fascista.