27 Aprile 1999

Avviene il massacro di Meje, dove  375 civili vengono uccisi dalle truppe serbe.

I serbi paramilitari e militari rastrellano gli abitanti dei villaggi di Meje e Korenic (a metà strada tra Pristina e Pec), costringendoli in poche ore ad abbandonare le loro case, incolonnandoli sull’unica strada diretta in Albania. Per evitare la fuga, molti tratti di questa strada vengono minati.

Il loro capo è un certo Nikola Micunovic, meglio conosciuto dai serbi come capitano Dragan.

Alle 9.00 del mattino la lunga colonna di civili viene fermata. I serbi separano uomini e ragazzi, dalle donne e bambini. Le donne vengono fatte proseguire, mentre 400 persone dai 13 ai 90 anni, vengono ammassati e costretti a stare in ginocchio fino alle 19.00 della sera.

Da quell’ora nessuno ha più saputo nulla di loro.

I loro corpi sono stati trovati mesi dopo stipati dentro dei camion o in fosse comuni in Serbia. Le analisi patologiche definirono la loro come “morte naturale”, alcuni vennero fucilati, altri non sappiamo ancor oggi quale sia stata la loro fine.

I loro corpi sono stati recuperati e sepolti lungo la strada per l’Albania. Chi li ha uccisi e traditi, oggi resta impunito. Nessuna accusa perché nessuno può testimoniare i fatti. Chi c’era è morto!. Dei 400 civili trucidati, 29 restano ancora senza sepoltura negli obitori di Pristina, in attesa del loro riconoscimento ufficiale.

27 Aprile 1966

27 Aprile 1966

Paolo Rossi, studente di 19 anni della Sapienza di Roma, viene ucciso da neofascisti sulle scale della Facoltà.

Stava distribuendo volantini nella città universitaria per le elezioni studentesche, quando alcuni studenti di Primula Goliardica che volevano protestare contro presunti brogli elettorali cominciano ad aggredirli.

L’azione dei neofascisti avviene sotto gli occhi indifferenti della polizia di Stato comandata dal Commissario D’Alessandro, autorizzata dal rettore a entrare nella città universitaria; nessuno interviene.

Paolo Rossi cade da cinque metri di altezza stordito dalle percosse, dal muretto della scalinata. Colpi micidiali di una massa inferocita contro una persona sola. I fascisti sono sempre fascisti. Lo portano in ospedale, ma è già in coma per il forte trauma cranico. Morirà nella notte.

La sera stessa la Facoltà viene occupata spontaneamente, anche con la solidarietà di molti docenti. La polizia li sgombera immediatamente.

Il giorno dopo si svolge una grande assemblea con deputati di sinistra e personalità legate all’antifascismo italiano. Nasce così una nuova occupazione, che ha l’obiettivo di far dimettere il Rettore Ugo Papi e lo scioglimento delle organizzazioni parafasciste di studenti universitari.

Il 30 Aprile si svolgono i funerali: la partecipazione è enorme, e molti giovani cominciano la protesta nonostante fossero del tutto estranei alla politica prima del fatto.

Il responsabile dell’aggressione non verrà mai identificato.

Gli atti del processo porteranno alla sentenza del 30 Luglio 1968 di “omicidio preterintenzionale contro ignoti”.

Paolo Rossi è il primo morto per mano fascista dal Dopoguerra, e il suo omicidio e la reazione antifascista compongono il vero prologo della rivolta studentesca del 1968.