27 Febbraio 1933

27 Febbraio 1933

Incendio del Reichstag: l’edificio del parlamento tedesco a Berlino, il Reichstag, viene incendiato.

L’incendio sembra aver avuto origine da diversi punti, ma sulla scena dell’incendio la polizia trova solo Marinus van der Lubbe, un noto agitatore e mezzo pazzo, nascosto dietro l’edificio e praticamente nudo.

Quando Hitler e Göring arrivano sul posto indicano Van der Lubbe come comunista e incolpano quindi il partito comunista di aver appiccato il fuoco al palazzo del parlamento, facendo arrestare i capi del partito. Vengono arrestati e processati anche i comunisti bulgari Georgi Dimitrov, Blagoj Tanev e Vasil Popov.

Hitler dichiara lo stato di emergenza e incoraggia il vecchio Presidente Paul von Hindenburg a firmare il Decreto dell’incendio del Reichstag, che abolirà la maggior parte dei diritti civili forniti dalla costituzione del 1919 della Repubblica di Weimar.

Otto mesi dopo, al Processo di Lipsia, Van der Lubbe verrà condannato a morte dopo la reintroduzione della pena capitale nell’ordinamento giuridico tedesco.

Gli storici generalmente concorderanno che Van der Lubbe non era altro che uno sciocco assetato di fama e visto che comunque non era possibile che fosse stata una persona soltanto ad appiccare l’incendio, i veri colpevoli andavano cercati tra le fila del partito nazista: grazie all’incendio otterrano un enorme vantaggio politico: i comunisti non avranno accesso alla stampa e si ritroveranno con i loro capi in prigione, venendo pesantemente sconfitti alle successive elezioni, e anche ai deputati che verranno eletti non sarà comunque permesso di prendere il loro posto in parlamento.

Hitler andrà al potere con il 44% dei voti, convincerà il parlamento a dargli pieni poteri e darà origine al nazismo e agli eventi che porteranno alla Seconda Guerra Mondiale.

27 Febbraio 1921

27 Febbraio 1921

Spartaco Lavagnini, sindacalista e giornalista comunista, viene ucciso dai fascisti a Firenze.

Nel tardo pomeriggio di quel giorno un gruppo di squadristi entra nel civico 2 di via Taddea (sede del Sindacato ferrovieri, della Lega proletaria dei mutilati, invalidi e reduci di guerra, della Federazione provinciale comunista e della redazione del settimanale L’Azione Comunista) e spara 4 colpi a bruciapelo a Spartaco Lavagnini, i primi due alla testa, un altro al petto, l’ultimo alla schiena.

Lavagnini stava lavorando al successivo numero di “L’Azione Comunista” ed i compagni nei giorni precedenti cercarono di dissuaderlo dall’andare al lavoro visto che era stato ben identificato dai fascisti, tenuto conto anche della sua instancabile azione agitatoria.

Qualche giorno dopo su “L’Ordine Nuovo” di Antonio Gramsci viene reso tributo al militante antifascista con queste parole:

“Spartaco Lavagnini, caduto come un capo, al suo posto di lavoro, ha forse giovato di più all’idea in cui credeva, ha forse insegnato maggiori cose al popolo con la sua morte, di quanto nessuno possa mai insegnare con la parola”.

I ferrovieri, appena diffusa la notizia della morte di Spartaco Lavagnini, bloccano i treni alle stazioni di Rifredi, di Campo di Marte e di San Donnino, vengono costituiti due comitati di agitazione, d’accordo con la Camera del Lavoro di Firenze, che estende lo sciopero all’intera provincia.