14 Luglio 1948

A Roma Antonio Pallante, studente universitario, spara 4 colpi di pistola a Palmiro Togliatti, di cui 3 vanno a segno. L’attentato a Togliatti causa gravi disordini, che secondo i giornali dell’epoca sfiorano la guerra civile.

Togliatti alle 11.30 di quel mattino stava uscendo con Nilde Iotti (membro del PCI eletto nell’assemblea costituente e compagna del leader dal 1946) da Montecitorio.

Antonio Pallante, studente di giurisprudenza fortemente anticomunista, gli spara contro 3 colpi di pistola, ferendolo al torace e alla nuca. Fortunatamente per il leader del PCI i proiettili utilizzati sono di qualità scadente e hanno poca capacità di penetrazione: non erano incamiciati con la consueta lega di rame e zinco e non era presente ammonio, utilizzato per indurire il piombo. Il colpo alla nuca che poteva essere fatale infatti rimbalza contro l’osso occipitale e rimbalza sul selciato.

Ricoverato d’urgenza, Togliatti viene operato dal chirurgo Pietro Valdoni, mentre Pallante viene subito arrestato. Verrà condannato a 13 anni e 8 mesi di carcere, poi ridotti a 10 anni e 8 mesi e quindi amnistiati per la metà (uscì nel 1953).

A causa dell’attentato si verificano subito rivolte e scontri in molte città, tra cui Roma, La Spezia, Genova, Livorno e Taranto. Gli operai della FIAT di Torino sequestrano nel suo ufficio l’amministratore delegato Vittorio Valletta. Buona parte dei telefoni pubblici e della rete ferroviaria smettono di funzionare. Mario Scelba, ministro dell’interno, vieta subito ogni manifestazione, portando l’Italia sull’orlo di una nuova guerra civile.

Il giorno dell’attentato moriranno 10 manifestanti e 4 poliziotti.
Nei giorni successivi, sempre a causa delle rivolte si conteranno 16 morti e 600 feriti.

L’intervento a Togliatti però riesce e si salva. Secondo alcuni storici, la morte del PCI avrebbe portato ad una guerra civile, simile a quella Greca.