6 Luglio 2016

A Fermo Emmanuel Chidi Nnamdi viene ucciso da Alessio Mancini cercando di difendere la moglie dagli insulti razzisti.

Emmanuel era un richiedente asilo nigeriano sfuggito agli assalti di Boko Haram.

Finito prima in coma irreversibile, non ce l’ha fatta a riprendersi. Per il suo delitto, avvenuto a Fermo, è stato arrestato il tifoso della squadra locale già colpito da Daspo Amedeo Mancini, 38 anni. L’accusa è di omicidio preterintenzionale con l’aggravante della finalità razziale. Mancini è un imprenditore agricolo ed estremista di destra si difende dicendo che credeva che Emmanuel e la moglie stessero rubando un auto.

Il suo avvocato al momento del fatto dichiara:

«Amedeo Mancini è distrutto dal dolore. Non voleva uccidere, e esprime la sua vicinanza a chi piange Emmanuel. Non si aspettava che il pugno sferrato al migrante avesse questo effetto, e colloca l’episodio in un contesto difensivo».

È il primissimo pomeriggio quando Emmanuel e Chimiary passeggiano in centro città, diretti verso la piazza principale per acquistare una crema. I due si imbattono in due giovani italiani, già conosciuti per la loro appartenenza al tifo organizzato della locale squadra di calcio. Secondo la ricostruzione di Chimiary, la moglie di Emanuel, uno dei due avrebbe iniziato a insultare con epiteti razzisti la giovane, cominciando a strattonarla, tanto da suscitare la reazione di Emmanuel. Ne sarebbe scaturita una rissa, con un paletto della segnaletica estratto dalla strada, violenti fendenti e un colpo probabilmente decisivo che ha raggiunto il giovane Nigeriano alla nuca.

Emmanuel avrebbe sostanzialmente reagito usando un paletto della segnaletica con cui avrebbe colpito Mancini. Il quale, rialzatosi da terra, lo avrebbe colpito più volte. Fino al tragico epilogo.

Nel 2016 Amedeo Mancini patteggia 4 anni per l’omicidio di Emmanuel Chidi Nnamdi. L’accusa di omicidio preterintezionale ha portato all’accordo tra accusa e difesa. Inviato ai domiciliari, Mancini non dovrà indossare il braccialetto elettronico e potrà lasciare casa quattro ore al giorno per coltivare il suo piccolo fondo agricolo.

«Il 2 dicembre scorso la difesa aveva proposto istanza di patteggiamento allargato chiedendo di riconoscere all’imputato l’attenuante della provocazione e le attenuanti generiche e di eliminare invece le tre aggravanti contestate (recidiva, motivi abietti e futili, aggravante razziale), applicando una pena finale di 4 anni di reclusione. Il pm aveva espresso il suo consenso alla pena, all’eliminazione di due delle tre aggravanti contestate e al riconoscimento dell’attenuante della provocazione».

L’accusa ha almeno chiesto e ottenuto di mantenere l’aggravante razziale.


7 Luglio 1988

La piattaforma di trivellazione Piper Alpha, nel Mare del Nord, viene distrutta da un’esplosione e dal successivo incendio uccidendo 167 lavoratori.

La Piper Alpha è una piattaforma petrolifera che opera nel Mare del Nord, installata a circa 200 chilometri dalla cittadina scozzese di Aberdeen, di proprietà della compagnia petrolifera americana Occidental Petroleum (caledonia) ltd.

Il 6 luglio del 1988 la piattaforma prende fuoco in seguito alla fuga di una notevole quantità di gas, che innesca innumerevoli esplosioni. Le fiamme avvolgono l’impianto per ore, generando temperature tali da rendere impossibile l’avvicinamento dei mezzi di soccorso.

Delle 226 persone che sono a bordo della Piper Alpha, 165 muoiono. Anche una delle navi di salvataggio si incendia, causando la morte di altre due persone e portando il bilancio a 167 vittime. Tra le cause dei decessi, oltre al calore e alle esalazioni, anche il tentativo di cercare la salvezza gettandosi in mare, da un’altezza di circa 30 metri e con l’acqua ghiacciata.

Questo disastro è tra i peggiori che si siano mai verificati nel campo petrolifero marino. In seguito all’incidente della Piper Alpha, le compagnie petrolifere decisero di modificare gli standard di sicurezza delle piattaforme petrolifere.

La piattaforma, di tipo fisso, si trovava sul campo petrolifero Piper, a poco meno di 200 km nord-est di Aberdeen. Era stata costruita per l’estrazione di greggio; comprendeva quattro moduli separati da paratie tagliafuoco. Ai fini della sicurezza, i sistemi di controllo erano stati posti a distanza dalle operazioni più pericolose. Ventiquattro pozzi sotto la Piper riversavano greggio in tre oleodotti fino al Terminal Flotta, a Orkney. Dopo qualche anno la piattaforma fu convertita per estrarre anche il gas naturale; la carenza di spazio provocò un affastellamento degli impianti in totale ignoranza della sicurezza. Accanto alla sala di controllo principale fu posta l’area di compressione del gas.

Si dice che all’epoca la Piper Alpha fosse la piattaforma più pesante in servizio nel Mare del Nord. Il giorno del disastro ospitava 226 persone; solo 61 ne uscirono vive.