13 Gennaio 1998

Alfredo Ormando si da fuoco in piazza San Pietro.

Nato da una famiglia di contadini illetterati insieme a sette fratelli e sorelle, era sempre stato emarginato per la suo omosessualità dalla famiglia prima, dalla società poi e infine dal seminario francescano in cui si era rifugiato.
Uscito da quest’ultimo diventò uno scrittore indipendente pubblicando quattro libri, prendendo il diploma di scuola media solo a 35 anni.

Il 13 gennaio 1998 si da fuoco a Roma in Piazza San Pietro per protestare contro l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali.

Morirà dopo 10 giorni di atroci sofferenze nell’ospedale romano Sant’Eugenio, dopo essere stato ricoverato in fin di vita dopo che due poliziotti avevano cercato di spegnere le fiamme che lo avvolgevano.

Il Vaticano cercherà di sviare il fulcro di questa vicenda, rilasciando un comunicato stampa nel quale affermerà che Alfredo Ormando si è tolto la vita per problemi di famiglia, non quindi legati alla propria omosessualità. Tuttavia, in uno scritto che ci ha lasciato, lo scrittore affermerà chiaramente di volere la morte per sensibilizzare ai problemi della mancata accettazione dell’omosessualità da parte della Chiesa Cattolica.

Ho deciso di trasformare in urlo e in segno indelebile il mio corpo di uomo che ama un altro uomo, di gridare tutto ciò che la Chiesa non vuole vedere. Il mio corpo sarà la penna, si consumerà scrivendo la mia parola che nessuno potrà cancellare, il mio inchiostro sarà la benzina.

Sono, partito da Palermo ieri sera in treno. Un viaggio interminabile per arrivare qui, sotto l’imponente colonnato in questa rigida mattina. Oggi è il 13 del mio ultimo gennaio, del mio ultimo anno, il 1998. Ho comperato la benzina presso un distributore automatico vicino San Pietro. Ho nascosto la tanica in una borsa nera. Ma ora, prima di darmi fuoco, sento i ricordi che non vogliono lasciarmi e li accolgo nel grembo della mia mente che per me è ospitale come il grembo di donna ed è l’unico luogo di libertà che io abbia mai conosciuto.

Mi farò torcia umana e scriverò parole che non potranno essere ignorate. Visto che hanno messo Cristo in croce capiranno che cos’è il sacrificio e almeno dentro di loro l’eco delle mie parole procurerà un sussulto.

Le gerarchie cattoliche arriveranno a dire che mi tolgo la vita per malattia, o debolezza, e non per urlare loro l’ingiustizia che infliggono agli omosessuali in questo Paese. Ed è per questo che nel mio giubbotto, che ho poggiato per terra, sui lastroni calpestati da migliaia di fedeli, ho lasciato una lettera di denuncia. Almeno le parole di un morto, di un martire, le leggeranno. Bisogna ammazzarsi per farsi sentire.

Ma se mi fossi ammazzato in Sicilia non mi avrebbero ascoltato. E sono dovuto partire. Io mi sto trasformando nel mio assassino, qui dinanzi agli occhi innocenti di Gesù che amo. Sono dietro a un vetro, il novanta per cento della pelle è ustionata, le telecamere dei tiggì mi inquadrano. Lo so, non mi salverò. Il mio corpo è la mia parola. Finalmente ascoltata.
Spero che capiranno il messaggio che voglio dare: è una forma di protesta contro la Chiesa che demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perché l’omosessualità è sua figlia.

Ogni anno il 13 gennaio il suo gesto viene ricordato in quella stessa Piazza San Pietro da un gruppo di attivisti per i diritti degli omosessuali.

Nel 2014 il regista statunitense Andy Abrahams Wilson ha realizzato il documentario Alfredo’s Fire, presentato durante il Santa Barbara International Film Festival.


13 Gennaio 1953

Il maresciallo Tito diventa presidente della Jugoslavia.