19 Gennaio 2007

19 Gennaio 2007

Il giornalista turco-armeno Hrant Dink viene assassinato davanti alla sede del suo giornale a Istanbul da un ragazzo ultra-nazionalista turco di 17 anni, Ogün Samast.

È stato assassinato nel quartiere di Osmanbey a Istanbul, davanti ai locali del suo giornale bilingue Agos, con tre colpi di pistola alla gola.

Hrant Dink è stato il fondatore e il redattore capo della rivista Agos, un giornale scritto in armeno e in turco. È stato anche giornalista per i giornali nazionali Zaman e Birgün.

Nel 2005 era stato condannato a sei mesi di reclusione per suoi articoli sui fatti avvenuti tra il 1890 e il 1917 (Genocidio armeno). I tribunali avevano ritenuto i suoi articoli un insulto all’identità turca secondo l’articolo 301 del codice penale turco. Questa condanna è stata fortemente criticata dall’Unione europea. Veniva a più riprese minacciato di morte per le sue prese di posizione su quanto subito dagli armeni negli ultimi anni dell’Impero Ottomano.

Ha sempre sostenuto il bisogno di democrazia per la sua nazione. La sua azione si focalizzava sui diritti delle minoranze e in particolare della minoranza armena e più in generale sui diritti civili. Negli ultimi anni sentiva forte l’odio che la sua azione suscitava in molti suoi concittadini e affermava che avrebbe voluto fuggire da questa realtà. Ma molto coraggiosamente sosteneva che se avesse compiuto questo passo, avrebbe tradito tutto quanto fatto fino ad ora.

Il suo assassinio provocò enorme sgomento in tutta la Turchia. Per la prima volta nella storia di questo paese un corteo di oltre centomila persone sfilò ai suoi funerali lanciando slogan per la riconciliazione e mostrando cartelli che riportavano la frase «Siamo tutti Dink, siamo tutti armeni».

Dal processo emergerà anche un’organizzazione segreta denominata Ergenekon. Erhan Tunnel, ex informatore della polizia, sospettato di essere vicino ad Ergenekon e coimputato nel processo, rivelerà che il delitto Dink e quello di don Andrea Santoro potrebbero essere stati collegati.

Il 27 ottobre 2010 il Ministero dell’Interno verrà condannato dalla Decima Corte Amministrativa di Istanbul per aver omesso di vigilare su Dink nonostante le ripetute minacce che il giornalista aveva ricevuto nel passato: la sentenza stabilirà una condanna di 100.000 lire turche a favore della famiglia Dink oltre al pagamento delle spese processuali.