24 Gennaio 1979
A Genova un commando delle Brigate Rosse composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi spara al sindacalista Guido Rossa, uccidendolo.
Alle 6:35 del mattino Guido Rossa esce dalla sua casa in via Ischia 4 per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c’è un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano contro sei colpi, uccidendolo.
È la prima volta che le Brigate Rosse decidono di colpire un sindacalista organico alla sinistra italiana. L’omicidio sarà seguito da una forte reazione da parte di partiti e sindacati e della società civile, in particolare quella legata al partito comunista. Al funerale, cui partecipano 250.000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un’atmosfera tesissima.
L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle Brigate Rosse, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti dell’organizzazione interna del proletariato di fabbrica. In effetti, proprio per la delicatezza dell’obiettivo, si è ritenuto probabile che le BR avessero intenzione di punire Rossa, ma senza ucciderlo. La vittima, probabilmente, doveva essere solo gambizzata.
Tale ipotesi sembra essere confermata dalle perizie e dalle successive testimonianze: Vincenzo Guagliardo, il componente del commando che esplode tre colpi calibro 7,65 alle gambe con una Beretta 81, ha raccontato che a gambizzazione avvenuta Riccardo Dura, capo della colonna genovese delle BR, dopo essersi allontanato come gli altri brigatisti dal luogo dell’operazione, era tornato indietro per esplodere l’ultimo colpo, quello che aveva ucciso Guido Rossa.
L’autopsia rivela infatti che su Rossa furono esplosi quattro colpi alle gambe e uno solo mortale al cuore. Guagliardo aggiunge che il giorno dopo il delitto, i membri dell’organizzazione chiesero spiegazioni sull’accaduto, al che Dura giustificò l’omicidio affermando che le spie andavano uccise. Sempre secondo Guagliardo le BR valutarono seriamente l’espulsione di Dura, rinunciandovi però per non provocare fratture all’interno dell’organizzazione. Dura continuò quindi la sua militanza nelle BR, partecipando ad altre azioni ed entrando nel Comitato Esecutivo.
La ricostruzione dei fatti di Guagliardo suggerisce che la causa dell’omicidio di Guido Rossa sarebbe da ricercare nell’iniziativa individuale del capo dei componenti del commando e non in una volontà politica delle BR di eliminare il sindacalista. La colonna genovese delle BR si assunse comunque l’intera responsabilità dell’omicidio.