16 Marzo 2003
Davide Cesare, conosciuto con il soprannome di Dax, attivista antifascista, viene accoltellato da due fascisti a Milano.
Viene portato in ospedale ma muore in ambulanza, troppe volte fermata dalla polizia che ne ritarda l’arrivo al pronto soccorso. Subito dopo la sua morte i suoi compagni cercano di entrare in ospedale ma vengono bloccati dalla polizia: cominciano scontri in cui i compagni di Dax vengono feriti.
La morte di Dax ha una risonanza politica tra i militanti antifascisti italiani e non solo: inizialmente i media italiani dipingono la sua morte come “scontri tra giovani dissidenti” e “conseguenza della violenza anti-globalizzazione”.
Solo in seguito alle indagini, nel 2004, vengono dichiarati colpevoli due fratelli, Federico e Mattia Morbi. Nel 2004 verranno condannati colpevoli e condannati a 16 anni (Federico) e a 3 anni Mattia, essendo un minore al momento dell’omicidio.
A Milano vengono affisse due targhe:
“Rassegnazione è paura e complicità!
Contro la rassegnazione pensare l’impensabile!
Contro la paura imparare il coraggio!
Cospirare vuol dire respirare insieme
Viva Dax libero e ribelle
Davide 16.03.03
Ucciso perché militante antifascista”
“Dax vive qui, 16-3-2003, Antifascista”
We don’t need new antifa songs
O’ Zulu
16 Marzo 2003
Viene uccisa Rachel Corrie, attivista dell’International Solidarity Movement, schiacciata da un bulldozer israeliano che stava demolendo abitazioni palestinesi a Rafah.
Insieme ad altri sei attivisti dell’ISM si era frapposta tra i bulldozer corazzati dell’esercito israeliano che si stavano apprestando a demolire gli edifici e la vegetazione vicino al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto.
Rachel Corrie indossava un giubbotto arancio catarinfrangente davanti alla casa di un amico, un medico palestinese. Qualche ora prima, nel corso di simili dimostrazioni davanti ai mezzi palestinesi, i manifestanti erano stati colpiti da gas lacrimogeno.
Il bulldozer avanza, Rachel Corrie è in piedi su un cumulo di detriti. Forse cerca di scansarsi dalla traiettoria all’ultimo momento, o forse solo scivola. Il mezzo non si ferma, la lama le passa sopra. La ricopre di terra, fa retromarcia, poi le passa sopra una seconda volta.
Lo stato di Israele difenderà il proprio operatore, sostenendo la versione dell’incidente e puntando il dito sul comportamento irresponsabile e pericoloso dei manifestanti.
Dopo il processo di Haifa il giudice Oded Gershon afferma che la morte dell’attivista è stato “il risultato di un incidente che lei stessa aveva attirato su di sé”.
Nessun rimborso verrà concesso alla famiglia della vittima.
L’ultimo respiro fa da testamento
Fronte Unico
Eredi della Sconfitta
2016