8 gennaio

8 Gennaio 1993

Beppe Alfano, giornalista che scrive e denuncia mafiosi latitanti, politici corrotti e massoneria, viene colpito da tre proiettili mentre è alla guida della sua auto in via Marconi a Barcellona Pozzo di Gotto.

Intorno alle 22:00 viene colpito da tre proiettili calibro 22 mentre è fermo alla guida della sua Renault 9 amaranto in via Marconi a Barcellona Pozzo di Gotto. Alla morte segue un lungo processo, tuttora non concluso, che condanna un boss locale, Giuseppe Gullotti, all’ergastolo per aver organizzato l’omicidio, lasciando ancora ignoti i veri mandanti e le circostanze che provocano l’ordine di morte nei suoi confronti.

I suoi familiari, nel suo nome, fanno parte dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia. In particolare, la figlia Sonia è molto impegnata nel preservare la memoria del padre e i diritti delle vittime della mafia, oltre che nel condurre un’intensa attività informativa relativamente alla criminalità organizzata; dal 2009 al 2014 è stata eurodeputata eletta con l’Italia dei Valori (che poi avrebbe dissentito dalla sua posizione politica; nell’assemblea di Strasburgo ha ricoperto diversi ruoli, fra cui quello di presidente della commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro.

Aveva frequentato la Facoltà di Economia e Commercio all’Università degli Studi di Messina dove aveva conosciuto Mimma Barbaro, sua futura moglie. Dopo la morte del padre aveva lasciato gli studi e si era trasferito a Cavedine, vicino a Trento, trovando lavoro come insegnante di educazione tecnica alle scuole medie e ritornando in Sicilia nel 1976 per insegnare presso la scuola media del comune di Terme Vigliatore.

Appassionato di giornalismo e militante di destra sociale (in gioventù fu militante di Ordine Nuovo e poi del MSI-DN), Alfano aveva cominciato a collaborare con alcune radio provinciali, con l’emittente locale Radio Tele Mediterraneo ed era corrispondente de La Sicilia di Catania.

Era diventato il “motore giornalistico” di due televisioni locali della zona di Barcellona Pozzo di Gotto, Canale 10 e poi Tele News, questa ultima di proprietà di Antonino Mazza, anch’egli ucciso dalla mafia.

Non fu mai direttore responsabile di queste testate in quanto non fu mai iscritto, in vita, all’albo dei giornalisti per una sua posizione di protesta contro esistenza stessa dell’albo medesimo. Gli venne concessa l’iscrizione all’albo dei “Giornalisti pubblicisti” alla memoria, postumamente.

La sua attività giornalistica è rivolta soprattutto verso uomini d’affari, mafiosi latitanti, politici e amministratori locali e massoneria [3], raccontò per anni le lotte fra le cosche mafiose locali.[4]