30 Aprile 1975
A Torino viene arrestato Tonino Loris Paroli.
Poco dopo l’alba, gli uomini dell’Ispettorato antiterrorismo e della polizia politica bussarono alla porta di un appartamento al quarto piano di via Pianezza 90, vicino al carcere delle Vallette. Dall’interno una voce chiese chi fosse, e quelli risposero che erano i tecnici della luce. “È da un po’, in effetti, che non arrivano le bollette”, pensò l’inquilino ancora assonnato. Aprì, e si ritrovò una pistola puntata alla tempia.
«Non ti muovere o sparo. Dove sono le bombe?» domandò il poliziotto che gli era saltato addosso.
«Non ci sono bombe e io non mi muovo, ma tu stai calmo sennò ti parte un colpo» ribatté l’uomo, più impaurito che deciso a resistere.
Tonino Loris Paroli, aveva trentuno anni e veniva da Reggio Emilia. Abitava lì da qualche mese insieme ad Arialdo Lintrami, un milanese di ventotto anni, anche lui bloccato a terra sotto il tiro delle armi.
Dalla perquisizione saltarono fuori molti libri di storia, filosofia e teoria politica, diverse cassette musicali soprattutto con le canzoni di Fabrizio De André, cinque pistole calibro 22 e 7,65, un mitra Mas del 1938 e tremila proiettili di vario calibro, uno schedario con migliaia di nomi tra i quali quelli di poliziotti, carabinieri, magistrati e dirigenti industriali, volantini, opuscoli e una radio ricevente sintonizzata sul canale della polizia, un milione e mezzo di lire in contanti e due macchine da scrivere.
Gli arrestati furono portati via con le manette ai polsi e davanti ai fotografi Paroli alzò il pugno chiuso. Poco prima aveva detto ai poliziotti:
«Mi dichiaro prigioniero politico, sono un militante delle Brigate rosse».
Tonino Loris Paroli viene arrestato per una perdita d’acqua. Sembra una costante questa dei problemi idraulici nella storia delle Brigate Rosse: la base di Via Gradoli a Roma sarà scoperta per una perdita d’acqua. Tonino, il suo problema di rubinetteria lo spiega così:
Mi arrestarono di mattina. Una donna del piano di sotto lamentava da qualche giorno un’infiltrazione d’acqua originata dal mio appartamento e io avevo chiamato immediatamente l’idraulico, così, quando avevano suonato il campanello ero convinto che fosse lui, ma nell’aprire la porta mi sono trovato davanti i poliziotti dell’antiterrorismo. Uno mi ha puntato la pistola in faccia. Ho alzato subito le mani e gli ho detto: «Guarda che io non faccio resistenza, abbassa per favore quell’arma e stai calmo». Era un pischello, un giovane senza esperienza. Un altro urlava come un ossesso «dove sono le bombe? Dove sono le bombe?». Io, mantenendo sempre la calma, risposi che se cercavano le bombe, lì non ne avrebbero trovate. Mi portarono in questura, dove rimasi per tre giorni prima di essere trasferito nel terzo braccio delle Nuove di Torino, dove incontrai Ermanno Gallo di “Controinformazione”, arrestato da poco. Fui interrogato dal giudice Caselli solo diversi giorni dopo. Caselli si dimostrò un democratico e spiegò a uno come me che non era mai stato arrestato come funzionassero certe cose. Per prima cosa mi avvertì che potevo rispondere o meno alle sue domande, perché era un mio diritto. Durante l’interrogatorio mi informò sui diritti che avevo. La mia vita da carcerato inizia quel giorno di Maggio, con Caselli che mi interroga. Finisce la mia attività di brigatista fuori dal carcere e inizia quella dentro, con De André a farmi da colonna sonora con un verso illuminante: «Adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali, tranne qual’è il crimine giusto per non passare da criminali».
Testi
- Pino Casamassima, Gli irriducibili. Storie di brigatisti mai pentiti.
- Giovanni Bianconi, Mi dichiaro prigioniero politico. Storie delle Brigate Rosse.
Leave a reply
Devi essere connesso per inviare un commento.