La vita oscena
La vita oscena è un romanzo di Aldo Nove pubblicato da Einaudi nel 2010.
E’ la storia di un ragazzo che da adolescente perde entrambi i genitori; il padre muore di ictus, la madre di tumore, poco tempo dopo. Da adolescente resta sdraiato a letto per giorni, fissando il vuoto in balia di alcol e psicofarmaci. Finché la casa non brucia, e il protagonista si ritrova solo e sempre più depresso. L’unica soluzione sembra essere comprare una quantità enorme di cocaina con gli ultimi soldi rimasti e calarsi in una spirale sempre più profonda di sesso fatto di rapporti etero, gay, orge, dominazione, umiliazione…
Detto così sembra un qualcosa di Chuck Palahniuk. Di Henry Miller. Qualcosa di grottesco e di sensazionalista. Invece La vita oscena è un’analisi lucida della vita depressa e opprimente dei nostri giorni, sostenuta da droghe, alcol e sesso per trovare un modo o una ragione per andare avanti.
Quando ho scoperto che la trama è una biografia, che tutto quello è veramente successo, un pò sono rabbrividito. Quando ho scoperto che non solo è una biografia, ma un’autobiografia, sono rimasto a bocca aperta. Perché il personaggio è si credibile, ma riesce ad essere spersonalizzato, un personaggio simbolo, un personaggio in cui tutti (speriamo in misura minore) possiamo riconoscerci, almeno in quei cupi e terribili momenti in cui sembra che nulla abbia più senso.
Ed essere distaccati tanto da rendere un simbolo il protagonista della propria autobiografia, un personaggio che ha davvero vissuto quelle esperienze deve essere una delle imprese più difficili nella carriera di uno scrittore.
La vita oscena è la descrizione lucida della discesa nell’abisso. Dell’odore putrido del fango. Anche le descrizioni dei rapporti sessuali sono privi di gioia. Privi di godimento. Sono solo uno scivolare sempre più in basso, una ricerca sistematica dell’autodistruzione. Qualcuno ha spesso giudicato quella parte del libro come volgare. Io ho provato solo compassione e una pena infinita per quest’uomo che si incammina con entusiasmo verso la fine. Verso l’annientamento.
Citazioni da “La vita oscena”
“Nella vita quotidiana abbiamo tutti bisogno di cose. Ero piccolo ma già sapevo che riempirsi di cose è un modo che usiamo per sentirci il più lontano possibile dal nulla. Per questo le case si riempiono di elettrodomestici e di lampadari dalle forme più strane da cambiare il più possibile insieme ai divani e alle poltrone e a tutto il resto.
Bisogna smuovere tutto, cambiare tappezzeria.
Perché la morte è quando tutto resta fermo.”“Quello che avevo perso era proprio il senso del ritmo del tempo, il suo silenzio e le sue attese o, meglio, quel tacito consenso a farsi formare come statue d’argilla o frutti, da una mano, una mano di chi, la mano di un artefice, in balia del niente, posto che niente volesse dire qualcosa, con l’acqua alla gola ma sentendone i benefici effetti, nuotando per non annegare anche se è segnato che alla fine anneghi lo stesso, ma lo struggimento è tutto nell’annegare il più tardi possibile, con orologi dappertutto che determinano il tempo della gara a senso unico, attraverso gli anni, con l’approvazione dei semestri, degli anni scolastici, dei nove mesi di gravidanza, degli scatti di carriera, ovunque intorno a me trovavo tempo alla baionetta pronto a scattare in avanti all’arma bianca a ferire anche soltanto il pensiero di una requie, pensavo come tutto allora stesse dilagando nel tempo.”
“E’ così facile avere un obiettivo nella vita.
Goderne appieno.
Basta privarsene.
Sono pochi, pochissimi i nostri scopi e i nostri desideri.
Sempre quelli.
Fino alla nausea.
La proibizione li santifica.”“Mi interessava la poesia.
Perché potevo leggerla per una pagina e chiudere il libro senza dovermi chiedere come sarebbe andata a finire. Perché era a frammenti, come la mia vita. Perché sapeva raccontarmela in modo aspro, senza la compassione che si da a chi non sta bene. Aprendone squarci improvvisi.
Perché cercava la verità e non il successo.
Perché la vera poesia è crudele… Perché la vera poesia fa male.”“L’inferno si conclude in sé, in sé ha le sue risorse inesauribili e continua a discendere verso il suo fondo opposto al cielo.”
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