Libertà di repressione
Dopo stamattina tutti conoscete la storia. Tre attiviste di Femen, due ucraine e una francese si mettono in divisa (la loro, a seno nudo) per contestare l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al momento del voto.
Non discuto le loro motivazioni, né l’efficacia della loro protesta (andare a contestare Berlusconi in topless è come fargli un regalo di compleanno), né l’ipocrisia della legge italiana che le accusa per oltraggio alla pubblica decenza quando le televisioni italiane ci hanno già temprato sul limite che possiamo definire come decenza.
Quello che mi ha spaventato nelle immagini che ho visto è stata ancora una volta la brutale reazione delle forze di polizia. Vedere queste ragazze trascinate fuori con rabbia (erano armate? I capezzoli inturgiditi per il freddo sono stati scambiati per armi improprie?) mi ha fatto salire come sempre la rabbia.
Schiacciate sulla sede stradale, prese per i capelli, spinte a forza a terra, la pelle nuda vestita solo di una scritta “Basta Silvio” affondata nel nevischio sporco, mi chiedo qual’era la minaccia. Mi chiedo perché i giornalisti assiepati a fotografare le attiviste non siano intervenuti. Solo un timido “Così la soffochi, oh!”; e poi un altro scatto. Vedo braccia stortate dietro la schiena e mi chiedo chi crede più al Commissario Montalbano o al Maresciallo Rocca.
Voglio i nomi degli agenti in evidenza, voglio un codice, una sigla, che li renda responsabili delle loro azioni. Vorrei violenza dove serve. Altrimenti controllo, cortesia e gentilezza. Decisione, certo. Ma non vorrete farmi credere che in tre per ragazza non si riusciva a scortarle fuori, a metterle qualcosa addosso e finire il tutto?
Perché si è scelto ancora una volta di reprimere? E chi ha dato l’ordine?
Non voglio una polizia violenta, quando qualcuno cerca di rovinare lo spot elettorale di uno dei candidati. Candidato che per altro ha molti più carichi pendenti con la giustizia delle attiviste di Femen.
Altrimenti sono solo servi… Dei servi… Dei servi…
I veri criminali
Lord Bean
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