20 Giugno 1976
Elezioni Politiche Italiane.
Non c’è il temuto “sorpasso” comunista, ma il risultato accentua tutti gli allarmi delle destre e le apprensioni di carattere internazionale. La DC è ancora il primo partito con il 38% dei voti (398 seggi), però a scapito del MSI (che scende al 6%), del PSDI (che cala al 3%) e del PLI (che arretra all’ 1 per cento); il PCI arriva a sfiorare il 35% (343 seggi), con il PSI di poco sotto il 10% (86 seggi).
In pratica, la DC non è in grado di formare alcuna maggioranza parlamentare senza un qualche coinvolgimento del PCI, dato che il Psi di De Martino conferma di ritenere esaurita la formula del centro-sinistra.
Lo sbocco provvisorio della difficile crisi politica è il III governo Andreotti, un monocolore DC sostenuto dall’astensione parlamentare di PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI, chiamato appunto “governo della non sfiducia” in quanto si regge sui voti di astensione.
È un esecutivo interlocutorio, in attesa che Moro persuada la destra democristiana della necessità di una qualche apertura al PCI, la sola strada capace di evitare una pericolosa paralisi istituzionale e di scongiurare tentazioni di forzature costituzionali.
Ma le forze interne e internazionali che si oppongono alla prospettiva del “compromesso storico” sono in azione: la strategia della tensione ha solo rallentato uno sbocco politico che si fa sempre più vicino, dunque non basta più.
L’ago della bilancia è ancora il PSI, che il segretario De Martino ha schierato sulla linea del governo di “solidarietà nazionale” col PCI.
Ma alla metà di luglio, durante il comitato centrale socialista, una manovra di potere dei “colonnelli” del partito costringe De Martino alle dimissioni, e elegge alla segreteria Bettino Craxi, esponente della minoritaria corrente anticomunista – autonomisti nenniani – nella quale avevano militato anche Corrado Simioni (anni Cinquanta) e Luigi Cavallo (anni Sessanta).
La trasformazione del PSI in una forza anticomunista conflittuale col PCI fa parte della tattica codificata nei piani della P2 di Licio Gelli. Ex ufficiale della Repubblica sociale, poi collaboratore dell’Oss (il servizio di controspionaggio militare americano guidato da James Angleton), quindi in contatto col Sifar, l’aretino Gelli è il venerabile maestro della P2: una carica perlopiù organizzativa – il vero vertice della Loggia segreta non verrà mai scoperto.
Loggia massonica “coperta”, cioè supersegreta, attiva dall’inizio degli anni Settanta come consorteria del potere occulto con entrature nei servizi segreti e nei vari apparati dello Stato, coinvolta in varie vicende connesse alla strategia della tensione, la P2 nel corso del 1975 è stata come rifondata, assumendo una più precisa connotazione atlantica e anticomunista, un’accentuazione del carattere di segretezza, una maggiore capacità penetrativa nei gangli dello Stato, e obiettivi marcatamente politici «per trasformare l’Italia da Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale».
In un documento chiamato “Schema R”, la P2, con allarmato riferimento alle elezioni del 15 giugno 1975 e all’avanzata elettorale del Pei, aveva preconizzato un «aumento dell’attivismo “rivoluzionario” nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole, dai gruppi della sinistra extraparlamentare», nonché un «inasprimento della “lotta rivoluzionaria” di gruppi del terrorismo del tipo dei NAP e delle BR».
Leave a reply
Devi essere connesso per inviare un commento.