Il musico
Guardo la polvere che si alza in un vortice come se fosse una piccola tromba d’aria. La gente la chiama siccità, per me la polvere è la cosa che dà la forma al vento. E’ la mia idea di libertà. Mi ricordano le gonne di donne bellissime che volteggiavano e mi eccitavano, quando ancora ero giovane. Mi ricordano vestiti che cadono a terra, e notti passate a fare l’amore su spiaggie lontane e che non ricordo quasi più.
Non ho mai avuto una casa, soltanto la mia chitarra e un’armonica. Soltanto quella. Non sono un nomade, soltanto uno spirito irrequieto e in disequilibrio. Forse uno spirito libero. Giravo le osterie chiedendo agli osti cosa bevevano di buono, loro che lo vendevano. Il più delle volte non mi rispondevano. Il più delle volte mi versavano da bere, ma solo se avevo i soldi per pagarli. Gli osti non vendono vino in cambio di canzoni. Ma la gente le compra le canzoni. C’è sempre gente che vuole che tu suoni. C’è sempre gente che sa che sai suonare. E se la gente lo sa, ti tocca suonare per tutta la vita. Il lato positivo di tutto questo è che ti piace lasciarti ascoltare. Almeno quello. Toglievo la chitarra dalle spalle, la impugnavo e cominciavo a suonare. Se mi andava bene prendevo qualche moneta e andavo a bere. Se mi andava male dormivo sotto i ponti, in profumati campi di grano, in pensioni decrepite. Se mi andava molto bene facevo l’amore con donne bellissime.
Non credevo sarebbe finita così…
Finisce in un campo di ortiche, sdraiato e con un infarto devastante; finisce con la mia chitarra che si spezza nella caduta, con un unico accordo stonato; finisce con questo suono che mi esce dalla gola, un ridere rauco che ha dell’incredibile. Essere liberi significa forse avere anche la libertà di ridere in faccia alla morte. E io rido, perché ho la certezza di avere tanti troppi ricordi, che mi scorrono davanti come in un film…
Ma nemmeno un rimpianto…
Il suonatore Jones
Fabrizio De Andrè
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