francesco lorusso

“Francesco non ci sta/ se ci sono i CL nella sua città/ si schiera in prima linea/ è una lotta infinita/ perchè la lotta continua/ una contestazione diventa un fiume in piena/ echeggia una sirena/ Francesco cade colpito alla schiena/ uccidi il più debole/ qui lo Stato non è mai colpevole/ qui lo Stato non è mai colpevole”

(Bologna, 7 ottobre 1952 – Bologna, 11 marzo 1977)

Intorno alle 10:00 dell’11 marzo 1977 il movimento di Comunione e Liberazione indice un’assemblea in un’aula presso l’università di Bologna, cui presenziano circa 400 persone.

Ad alcuni studenti della facoltà di Medicina, militanti della sinistra extraparlamentare, questo non sta bene, e tentano di entrare nell’aula dove si svolge la riunione, ma vengono respinti dal servizio d’ordine di CL. La notizia dell’assemblea in corso e dello scontro si sparge rapidamente e cominciano ad affluire all’esterno attivisti e simpatizzanti dell’area di Autonomia Operaia, che danno vita ad una rumorosa contestazione, mentre gli aderenti all’assemblea si barricano nell’aula.

Il direttore dell’Istituto di Anatomia, prof. Cattaneo chiama il rettore Rizzoli, il quale chiama immediatamente la polizia e in brevissimo tempo i carabinieri stanno caricando gli studenti di sinistra, consentendo agli studenti di Comunione e Liberazione di lasciare pacificamente l’assemblea.

L’intervento massiccio delle forze dell’ordine fa salire ulteriormente la tensione già elevata, che scatena una reazione violenta dei giovani della sinistra extraparlamentare. Gli scontri di piazza si estendono a tutta la zona universitaria e nelle zone circostanti.

Nel corso degli scontri tra la sinistra extraparlamentare e le forze dell’ordine, un’autocolonna dei carabinieri in marcia in via Irnerio viene attaccata all’altezza dell’incrocio con via Mascarella. L’autocarro di testa viene colpito nella parte anteriore sinistra da una bottiglia molotov che provoca un principio d’incendio sulla carrozzeria, che si spegne quasi immediatamente.

Il guidatore del mezzo, il carabiniere di leva Massimo Tramontani, balza a terra dalla portiera destra, lasciando il mezzo senza guida fermarsi autonomamente. Il carabiniere a quel punto, ancora sotto attacco, estrae l’arma d’ordinanza ed esplode 6 colpi contro un gruppo di manifestanti.

Francesco Lorusso viene colpito alla schiena mentre sta fuggendo e riesce a trascinarsi per qualche metro verso via Mascarella prima di cadere al suolo morente.

Alle ore 20:50 dello stesso giorno, il carabiniere Massimo Tramontani rilasciò una dichiarazione spontanea sui fatti al sostituto procuratore Romano Ricciotti

Il proiettile non fu mai ritrovato e non si poté fare una perizia balistica per individuare né l’arma né il calibro della stessa e non si poté mai accertare se avesse fatto parte del gruppo che aveva attaccato l’autocolonna, o se avesse assistito o partecipato allo scontro.

Prima della sparatoria in Via Mascarella il carabiniere Massimo Tramontani aveva fatto uso del suo fucile Winchester, infrangendo le disposizioni, al crocevia con via Bertoloni sparando 12 colpi, a sua detta a scopo intimidatorio, in occasione di un altro scontro con i dimostranti, in cui i manifestanti avevano lanciato di una bottiglia molotov che colpì una Fiat 127 della polizia incendiandola.

Tramontani fu prosciolto il 24 ottobre 1977 per l’uso delle armi in base alla Legge Reale poi sottoposta a referendum abrogativo nel 1978, nel quale comunque prevalsero i “no” all’abrogazione, e successivamente emendata dal parlamento italiano. Secondo il giudice in quel luogo era in atto «una vera e propria sommossa, una guerriglia urbana ben organizzata», dato il numero degli aggressori e delle armi improprie da loro utilizzate (molotov e cubetti di porfido). La zona inoltre era sguarnita di un’adeguata difesa da parte degli agenti e il Tramontani «non aveva altro mezzo che quello di far uso del suo fucile in dotazione». Sempre secondo il giudice, «nel contrasto fra le versioni appare più prudente e corretto preferire quella di quei testi i quali sostengono che il Tramontani sparò verso l’alto».

Tale motivazione fu contestata in base alle testimonianze, dalle quali risultavano essere sul posto almeno una ventina di membri delle forze dell’ordine, alcuni dei quali estinsero il principio d’incendio sul mezzo, mentre Tramontani, da solo, sparava.

Secondo la testimonianza del Brigadiere dell’ufficio politico di PS Gesuino Putgioni, la cosa che lo colpì di più fu il fatto che Tramontani aveva sparato ad altezza d’uomo.

Questa prospettiva è stata messa in discussione dal capitano della VII Celere della PS Massimo Bax, anche lui testimone, che riferì la possibilità che il Tramontani avesse sparato escludendo dalla sua traiettoria una sagoma umana per l’inclinazione del fucile al momento degli spari.Lo stesso Bax, tuttavia, si dichiarò sorpreso dall’agire di Tramontani, che aveva fatto deliberato uso delle armi contravvenendo alle istruzioni abitualmente impartite agli agenti delle forze dell’ordine per situazioni simili a quella in esame.

Il carabiniere fu sospettato come responsabile della morte di Lorusso e arrestato; scarcerato dopo circa un mese e mezzo, venne successivamente prosciolto in istruttoria preliminare per mancanza di elementi di prova per passare alla fase dell’istruzione formale.

La notizia della morte di Francesco Lorusso si diffuse rapidamente e ne seguì l’affluire di migliaia di persone vicine alla sinistra extraparlamente verso l’Università e l’organizzazione di un corteo di protesta, non autorizzato, che prese avvio nel primo pomeriggio e fu subito disperso con violente cariche. Gli scontri di piazza e la guerriglia urbana continuarono per tutta la giornata. Il giorno dopo in risposta all’accaduto venne organizzata a Roma una grande manifestazione nazionale del movimento per contestare la repressione. Anche in quella occasione si verificarono scontri e azioni di guerriglia e vennero sparati colpi d’arma da fuoco sia dai dimostranti che dalle forze dell’ordine.

L’allestimento di una camera ardente nel centro di Bologna e lo svolgimento dei funerali di Francesco Lorusso nel capoluogo furono vietati dal prefetto per motivi di ordine pubblico.

Il corteo funebre si svolse in periferia, nei pressi dello stadio comunale. Assenti i partiti della sinistra storica, a parte i giovani socialisti bolognesi, guidati dal segretario Emilio Lonardo.

Una lapide commemorativa è stata posta in corrispondenza del luogo ove lo studente cadde colpito a morte, in via Mascarella 37 a Bologna.

Il testo della lapide recita:

“I compagni di Francesco Lorusso qui assassinato dalla ferocia armata del regime l’11 Marzo 1977 sanno che la sua idea di uguaglianza di libertà e di amore sopravviverà ad ogni crimine.
Francesco è vivo e lotta insieme a noi”

Tramontani non fece un giorno di carcere né per avere ucciso Francesco Lorusso né per aver sparato con un fucile sulla folla ad altezza uomo.

Nessuno è Stato. Non è Stato nessuno.

Per approfondire