Recensione di Il capitano è fuori a pranzo (e i marinai prendono il comando)
Il capitano è fuori a pranzo (e i marinai prendono il comando) è un romanzo di Charles Bukowski pubblicato da Feltrinelli nel 1998.
Questo diario di Charles Bukowski raccoglie i suoi scritti negli ultimi 3 anni della sua vita prima che una leucemia fulminante lo stronchi a San Pedro, in questo libro illustrato da Robert Crumb.
Pubblicato postumo nel 1998, ha una narrazione ripetitiva e noiosa: Bukowski si sveglia, va alle corse dei cavalli; ci sta tutto il giorno; torna a casa, qualche volta sta con sua moglie Linda o guarda i suoi gatti; altrimenti va al suo word processor e scrive fino a tarda sera.
Qualcuno va a trovarlo, nonostante accada di rado.
Ma la trama non è mai stata la forza di questo scrittore. La sua potenza sono le parole, le riflessioni fuori dal coro, le considerazioni sulla vita e su quell’umanità in cui non ripone più alcuna speranza: quando è così le parole di Bukowski sono diamanti grezzi persi nello scarico di un water, ancora più luminosi e splendenti perchè ancora sporchi di merda.
Citazioni da “Il capitano è fuori a pranzo”
“Nella morte non c’è niente di triste, non più di quanto ce ne sia nello sbocciare di un fiore. La cosa terribile non è la morte, ma le vite che la gente vive o non vive fino alla morte. Non fanno onore alla propria vita, la pisciano via. La cagano fuori. Muti idioti. Troppo presi a scopare, film, soldi, famiglia, scopare. Hanno la testa piena di ovatta. Mandano giù Dio senza pensare, mandano giù la patria senza pensare. Dopo un po’ dimenticano anche come si fa a pensare, lasciano che siano gli altri a pensare per loro. Hanno il cervello imbottito di ovatta. Sono brutti, parlano male, camminano male. Gli suoni la grande musica dei secoli ma loro non la sentono. Per molti la morte è una formalità. C’è rimasto ben poco che possa morire”
“Uno scrittore non ha niente da dare se non quello che scrive. Al lettore non deve nient’altro che la disponibilità della pagina stampata”.
“La folla di un ippodromo è il mondo in scala ridotta, la vita che si affanna contro la morte e perde. Alla fine non vince nessuno, si cerca soltanto una tregua, qualche momento fuori dalla luce”.
“La conclusione è che il computer nuoce allo spirito. Be’, come molte altre cose. Ma io sono per le cose utili, se posso scrivere due volte tanto e la qualità rimane la stessa, allora scelgo il computer. Per me scrivere è volare, è accendere un fuoco. Per me scrivere è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”.
“Trovo che chi tiene un diario e ci scriva i suoi pensieri sia una testa di cazzo”
“Nella nostra vita, tutti finiamo per farci prendere e dilaniare da varie trappole. Nessuno sfugge. Alcuni addirittura ci convivono. Il trucco è rendersi conto che una trappola è una trappola. Se ci caschi dentro e non te ne accorgi sei finito”.
“Morirai guerriero, sarai onorato all’inferno”
“Chi ha inventato la scala mobile? Gradini che si muovono. Poi si parla di pazzi. Gente che va su e giù per le scale mobili, negli ascensori, che guida automobili, le porte dei garage che si aprono schiacciando un pulsante. Poi vanno in palestra per smaltire il grasso. Fra quattromila anni non avremo più le gambe, strisceremo direttamente sul culo, o forse rotoleremo come matasse di rovi. Tutte le specie si autodistruggono. A uccidere i dinosauri fu il fatto che si mangiarono tutto quello che avevano intorno, poi si mangiarono fra di loro e quando ne restò uno solo quel figlio di puttana semplicemente morì di fame”
“Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo”.
“Hemingway non sapeva ridere. Uno che scrive alzandosi alle sei del mattino non può avere alcun senso dell’umorismo. Vuole sconfìggere qualche cosa”.
“L’autostrada ti ricorda sempre un po’ com’è la gente. È una società competitiva. Vogliono che tu perda così possono vincere loro. E una questione innata e in autostrada viene fuori. Quelli che vanno piano vogliono bloccarti, quelli che vanno forte vogliono superarti. Io mi tengo sui centodieci, così sorpasso e vengo sorpassato. Quelli che vanno forte non sono un problema. Gli faccio strada e li lascio andare. Sono quelli lenti che mi irritano, quelli che si piantano a novanta all’ora sulla corsia di sorpasso. E a volte non c’è verso di passare. Quel poco che vedi della testa e della nuca del guidatore basta già a farti un’idea. L’idea che quella persona ha l’anima addormentata ma è anche incattivita, volgare, crudele e stupida”.
“Che cosa fanno gli scrittori quando non scrivono? Personalmente, io vado alle corse. Oppure, i primi tempi, morivo di fame o facevo lavori di merda”.
“Penso che vivere con donne pazze faccia bene alla spina dorsale”
“I miei eroi sono scomparsi da un pezzo e ora mi tocca vivere con gli altri”
“Azione o inazione, non c’è via d’uscita. Dobbiamo rassegnarci ad annoverarci fra le perdite: qualsiasi mossa sulla scacchiera porta allo scacco matto”
“Nella vita ci sono migliaia di trappole, e in molte ci cadono quasi tutti. L’idea, però, è di evitarne il più possibile. Serve a restare il più possibile vivi finché non si muore”
“Con le donne, ogni volta era una nuova speranza, ma quello succedeva i primi tempi. Lo capii subito, smisi di cercare la “ragazza dei sogni”; me ne bastava una che non fosse un incubo”.
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