Recensione di L’Agnese va a morire di Renata Viganò
L’Agnese va a morire è un romanzo di Renata Viganò, pubblicato da Einaudi nel 1949.
Titolo | L’Agnese va a morire |
Autrice | Renata Viganò |
ISBN | 9788806134884 |
Genere | Narrativa |
Casa Editrice | Einaudi |
Data di pubblicazione | 1949-01-01 |
Lingua | Italiano |
Formato | Paperback |
Pagine | 246 |
Goodreads | |
Anobii |
L’Agnese va a morire è un romanzo neorealista di Renata Viganò, e secondo me è molto interessante per diverse ragioni.
La prima è che per larghi tratti la narrazione è autobiografica, visto che l’autrice è stata, insieme al marito, all’interno della Resistenza Italiana.
Poi l’ambientazione, piuttosto atipica rispetto ai normali racconti di partigiani in montagna: la storia si svolge tutta nelle Valli di Comacchio, tra la palude e gli argini, su barche, miasmi e pianura.
E la più importante: la protagonista è una donna.
Agnese è una contadina piuttosto anziana, ha già passato la cinquantina, e fa la lavandaia , senza essersi mai interessata di politica. Vive in una casa isolata con il marito malato, Palita, che invece è comunista e spesso si incontra con i compagni in casa.
Quando dopo l’armistizio i tedeschi vanno a prendere Palita per deportarlo in Germania come dissidente politico, Agnese si rivolge ai compagni del marito per rendersi disponibile alla Resistenza e alla lotta partigiana.
Il romanzo ci dà un punto di vista interessante sulla fondamentale importanza delle staffette e degli agenti di collegamento all’interno della Resistenza (e non solo delle donne, che molto spesso erano parte attiva della lotta, come Iris Versari o Irma Bandiera), e la scelta della protagonista è incredibilmente riuscito: una donna, non avvenente, non fisicamente in forma, piuttosto anziana, scorbutica, con pochissime doti, se non l’impegno e l’abnegazione per un ideale.
Perché nonostante tutti i difetti di Agnese, risulta evidente la chiarezza con cui è disposta a lottare per ottenere un mondo migliore.
Citazioni da L’Agnese va a morire
“Mi dispiace che non posso dirvi che ora era, e nemmeno il giorno che è morto. Non so neppure, con quel buio maledetto, se fosse sera o mattina o notte. Ma sono sicuro che non si è accorto di niente, non ha fatto fatica a morire -. Si arrestò un momento ed aggiunse: – Facemmo più fatica noi a stare al mondo.”
“La forza della resistenza era questa: essere dappertutto, camminare in mezzo ai nemici, nascondersi nelle figure più scialbe e pacifiche. Un fuoco senza fiamma né fumo: un fuoco senza segno. I tedeschi e i fascisti ci mettevano i piedi sopra, se ne accorgevano quando si bruciavano”.
“Ogni uomo, ogni donna poteva essere un partigiano, poteva non esserlo. Questa era la forza della resistenza”
“Lei adesso lo sapeva, lo capiva. I ricchi vogliono essere sempre più ricchi e fare i poveri sempre più poveri, e ignoranti, e umiliati. I ricchi guadagnano nella guerra, e i poveri ci lasciano la pelle.”
“Noi non finiamo, – assicurò l’Agnese. – Siamo troppi, Più ne muore e più ne viene. Più ne muore e più ci si fa coraggio. Invece i tedeschi e i fascisti, quelli che muoiono si portano via anche i vivi.”
“I ribelli muoiono per gli imbecilli-. Le fecero largo, lei camminò fra due file umane di stupore, prigioniera di tutti quegli occhi attenti. Si volse, disse più forte, con severità: – Ma quelli che restano, anche con gli imbecilli faranno i conti.”