Giorgiana Masi

Giorgiana ha diciott’anni/ manifesta insieme a tanti/ un anno dopo la vittoria della libertà d’aborto/ sono gli anni di piombo/ Cossiga è ministro dell’interno/ un sit in per rivendicare spazio/ un calibro 22 e Giorgiana e senza vita sull’asfalto/ già diciott’anni/ sogni infranti senza vita sull’asfalto/

(Roma, 06 Agosto 1958 – Roma, 12 Maggio 1977)

Dopo il 21 Aprile 1977, in cui Autonomia Operaia si scontra con la polizia con le armi da fuoco uccidendo l’agente Settimio Passamonti, il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga vieta ogni manifestazione nella capitale fino al 31 Maggio 1977.

Il Partito Radicale decide di sfidare il divieto per organizzare un sit-in per celebrare il terzo anniversario del risultato del Referendum sull’aborto e per organizzare una raccolta firme per i referendum abrogativi organizzati per l’anno successivo (abrogazione del Concordato, della legge Reale, delle norme del Codice Rocco che ancora contemplavano i reati sindacali e di opinione, della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, del codice penale militare, e dell’abrogazione della legge sui manicomi).

Giorgiana Masi (Giorgina, all’anagrafe) frequentava la quinta superiore del liceo Pasteur di Roma.

Partecipava assieme ad altri studenti e a militanti della sinistra parlamentare (oltre a quelli che andranno poi a formare il cosiddetto Movimento del ’77) al sit-in. Alla manifestazione partecipano 5.000 agenti in tenuta antisommossa insieme a diversi agenti in borghese sparsi tra la folla.

Durante la giornata scoppiano diversi incendi, con spari e lancio di bombe incendiarie. Sembra placarsi tutto intorno alle 19:00, quando i parlamentari concordano con le forze dell’ordine di lasciare sfollare i manifestanti scogliendo il sit-in.

Invece di essere la soluzione è l’inizio della fine: gli incidenti si fanno sempre più gravi, vengono esplosi colpi di pistola dagli agenti in borghese nella folla, i manifestanti sono in fuga, c’è panico ovunque.

In mezzo a quelle persone che corrono terrorizzate, coperte dal fumo dei lacrimogeni c’è lei, Giorgiana Masi. 18 anni. All’improvviso cade come se fosse inciampata, dicono le testimonianze. Ma non è inciampata, un proiettile Calibro 22 l’ha colpita all’addome. Viene portata dalla polizia in ospedale, ma i medici possono solo constatarne il decesso.

Il primo processo si chiude nel 1981. La sentenza è “impossibilità a procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato”. Ma il giudice istrutture Claudio D’Angelo fa ben capire dove avevano cercato un colpevole:

“È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizioni del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti e i tutori dell’ordine.”

Nessuno è Stato. Non è Stato nessuno.

Nel 1998 le indagini vengono riaperte, seguendo l’unica pista possibile: la pistola Calibro 22 che aveva sparato.

L’allora ministro dell’interno Francesco Cossiga fu coinvolto in aspre polemiche per l’inadeguata gestione dell’ordine pubblico (vi sono fotografie che mostrano agenti in borghese mimetizzati tra i manifestanti che parrebbero, secondo alcune interpretazioni, sparare ad altezza d’uomo). Lo stesso Cossiga si dichiarò pronto a dimettersi al manifestarsi di una condizione: avere “le prove che la polizia aveva sparato”. Nel 2003 dichiarò, però: “Non li ho mai detti alle autorità giudiziarie e non li dirò mai i dubbi che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono sulla morte di Giorgiana Masi: se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica”.

In un’intervista al Corriere della Sera del 25 gennaio 2007 l’ex ministro dell’Interno dichiarò di essere una delle cinque persone che sono a conoscenza del nome dell’assassino.

Per l’ex presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga pronunciate sull’accaduto confermerebbero come “quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell’ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993” e, sempre nel 1998, il deputato verde Paolo Cento presentò una proposta di legge per la costituzione di una commissione che si occupi di “abbattere il muro di omertà, silenzi e segreti attorno all’assassinio della giovane e per individuare chi ha permesso l’impunità dei responsabili“.

Nonostante nel 2012 si sia spinto per creare nuovamente una commissione d’inchiesta, l’assassinio di Giorgiana Masi non ha ancora un colpevole. E probabilmente mai ce l’avrà. Francesco Cossiga è morto, portando il segreto nella tomba. Gli altri 4 saranno ancora vivi?

Se l’omicida è lo Stato, non è Stato nessuno.

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