Recensione di Orange is the new black di Piper Kerman

“Orange is the new black. Da Manhattan al carcere: il mio anno dietro le sbarre” è un racconto biografico di Piper Kerman pubblicato da Rizzoli il 6 Aprile 2010, dal quale è stata tratta l’omonima serie televisiva di Netflix.
Ebbene sì, ho cominciato questo libro per la serie tv. Come tanti, del resto. Come forse tutti, almeno in Italia. Perché la spumeggiante serie televisiva è proprio ben costruita (almeno le prime serie, poi comincia un po’ a perdere di senso e intensità) e incuriosisce sul mondo carcerario statunitense.
E sì, anche io, come quasi tutti quelli che hanno letto il libro di Piper Kerman, ritengo che la serie prodotta da Netflix sia decisamente più appassionante, divertente e piacevole.
Ho letto molti commenti negativi su quest’opera. Tutti più o meno si riassumono con l’indignazione da parte del lettore per le promesse mancate: “Dannazione, questo libro non è minimamente all’altezza della serie televisiva!”.
Io sono d’accordo, intendiamoci. Il libro scorre lento, non tanto per la scrittura della Kerman che comunque ho trovato piacevole e dettagliata, quanto più per la noia delle vicende raccontate. E sapete una cosa? Credo fosse così che doveva essere. Perché una serie televisiva è una serie televisiva, questo è il racconto di una storia vera, di una donna che passa un anno della sua vita in un carcere femminile. E non che ci avesse promesso dell’altro la nostra cara Piper. “Da Manhattan al carcere: il mio anno dietro le sbarre” era il sottotitolo della traduzione italiana. Ora: chi si aspettava qualcosa di diverso si aspettava qualcosa di sbagliato.
La vita carceraria non è avvincente come le serie televisive, fatta di drammi, episodi divertenti e sesso lesbo. La vita carceraria è fatta di soprusi, di dimostrazioni di potere, di molestie sessuali. E di noia, soprattutto, in attesa che il tempo passi.
Nessuno tra i lettori italiani si è chiesto come mai in America questo libro abbia avuto così successo e fatto così scalpore. O meglio: “mi chiedo come abbia fatto questo libro a fare così scalpore”, indica che la domanda è stata fatta, ma probabilmente era troppo difficile o complicato cercare di darsi una risposta.
Io credo che la risposta sia che Piper Kerman è una buona osservatrice, e descrive bene le dinamiche di potere del sistema carcerario statunitense, fatto di razzismo, potere e repressione. E pare che per i borghesi bianchi protestanti americani (WASP) questa fosse una novità. Chiediamocelo anche noi, magari. Se le carceri servono, qual’è il loro scopo, se riescono nel loro intento e nei loro obiettivi.
Forse mirava a questo il libro della Piper, non a divertire raccontando episodi surreali o assurdi. E se questo era il suo obiettivo, per conto mio ci è riuscita.
Resta un libro pesante e lento. Ma se siete curiosi di capire qualcosa di più sul perché la popolazione carceraria americana si è decuplicata negli ultimi trent’anni, forse è il caso di arrivare alla fine del libro. Magari dimenticando la serie tv di Netflix.
Pro
- Le descrizioni delle dinamiche di potere delle carceri
- La storia vera, ben descritta e sviluppata, ci rende molto empatici con la protagonista.
- Non c'entra nulla con la serie TV
Contro
- È molto lento
- Non c'entra nulla con la serie TV
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