Recensione di Uomini e no di Elio Vittorini
Uomini e no di Elio Vittorini è un romanzo pubblicato nel 1945, in questa edizione pubblicato da Mondadori nel 2001.
Uomini e no è il primo romanzo italiano a trattare un argomento fondamentale del Novecento: la Resistenza Italiana. Pubblicato nel 1945, subito dopo la liberazione, è ambientato nella Milano occupata dai tedeschi, la Milano del coprifuoco nazista e delle azioni di sabotaggio nella nebbia durante l’inverno del 1944.
Protagonista della narrazione è Enne 2, un giovane partigiano capitano dei GAP milanesi che vive una burrascosa storia d’amore impossibile con Berta, una donna sposata che lo ricambia ma che non riesce a decidersi ad abbandonare il marito.
Durante la narrazione il protagonista si interroga sul senso della vita, sulla Resistenza e sull’Umanità intesa come valore.
Nonostante sia stato scritto nel bel mezzo della lotta partigiana non ne è per nulla una celebrazione: il significato del titolo è proprio questo: non si parla di chi è un essere umano e chi no (partigiani e fascisti, come molti hanno cercato di intendere), ma di chi compie azioni umane e chi no, sia da una parte che dall’altra.
La narrazione viene intervallata da 23 capitoli scritti in corsivo che ne rallentano la trama, e che permettono all’autore di fare considerazioni personali sulla vicenda e sul periodo storico che sta vivendo.
Uno stile scorrevole che cerca di rifarsi molto all’ermetismo attraverso l’uso ricorrente di metafore e simboli che però non appesantiscono la lettura ma la esaltano. Forse le cose più difficili da leggere sono proprio i capitoli in corsivo, ma vale la pena fare un po’ di fatica in più, quello che ci raccontano è spesso illuminante e rivelatorio.
Citazioni da Uomini e no
“Un vecchio bianco dorme da secoli nell’uomo. Noi ce ne ricordiamo; è il padre nostro che ha edificato l’arca, il padre lavoratore; egli ha lavorato, si è ubriacato, e dorme ridendo ignudo attraverso i secoli.”
“Non ti ricordi [..] quando non avevamo niente per colpire? Ognuno di noi avrebbe dato la propria vita per poter distruggere la millesima parte di un fascista. Pensavamo che valesse la pena versare il sangue di mille di noi perché un cane fascista vi affogasse dentro. Volevamo la lotta. Ora è la lotta che abbiamo.”
“Questi uomini non avevano dietro niente che li costringesse, niente che prendesse su di sé quello che loro facevano. Restava dentro a loro quello che loro facevano. Come accadeva che fossero semplici e pacifici anche loro? Che non fossero terribili? Il Gracco era curioso, e se lo domandava. Perché, se non erano terribili, uccidevano? Perché, se erano semplici, se erano pacifici, lottavano? Perché, senza avere niente che li costringesse, erano entrati in quel duello a morte e lo sostenevano?”
“«Tu sei nato perché io l’ho voluto,» disse lei.
«Io sono nata,» disse, «e subito ho voluto che anche tu ci fossi. Non volevo essere al mondo senza che tu ci fossi».”“Anche un figlio di puttana può dire mamma.”
“Questo forse era il punto. Che si potesse resistere come se si dovesse resistere sempre, e non dovesse esservi mai altro che resistere. Sempre che uomini potessero perdersi, e sempre vederne perdersi, sempre non poter salvare, non potere aiutare, non potere che lottare o volersi perdere. E perché lottare? Per resistere. Come se mai la perdizione ch’era sugli uomini potesse finire, e mai potesse venire una liberazione. Allora resistere poteva essere semplice. Resistere? Era per resistere. Era molto semplice”.
“Bisogna che gli uomini possano esser felici. Ogni cosa ha un senso solo perché gli uomini siano felici. Non è solo per questo che le cose hanno un senso?”
“Presuntuosi siete voi. Volete lavorare per la felicità della gente, e non sapete che cosa occorre alla gente per essere felici”.
“Perché si chiamava civile una guerra in cui due fratelli potevano trovarsi l’uno contro l’altro? Non si sarebbe dovuto chiamarla, anzi, incivile?”
“Gli uomini potevano perdersi dappertutto, e dappertutto resistere.”
“Essi avevano la voce tranquilla e buona, e questi erano i discorsi loro, come i bravi soldati fanno prima della battaglia.
«Non volete bere?» Enne 2 chiese loro.
«Bevete! Bevete!» disse loro la grassona.
Ma i bravi soldati vanno a una battaglia dove la morte è a somiglianza di loro, brava come loro, ed essi invece andavano a una battaglia dove la morte non era affatto brava.”“I bravi soldati hanno davanti altri bravi soldati. Combattono contro uomini che sono anch’essi uomini, anch’essi pacifici e semplici. Possono darsi prigionieri. Possono sorridere se sono catturati. E poi, i bravi soldati hanno dietro tutto il loro paese, con tutta le gente e tutte le cose, le città, le ferrovie, i fiumi, le montagne, il foraggio tagliato e il foraggio da tagliare; e se essi non tornano indietro, se vanno avanti, se uccidono, se si lasciano uccidere, è il loro paese che li costringe a farlo, non sono proprio essi a farlo, lo fa il loro paese, e a loro è possibile, molto naturalmente, senza sforzo, restare semplici e pacifici anche durante una battaglia, e prima della battaglia parlare di bachi da seta e cinematografo.”
“Io so cosa vuol dire un uomo senza una donna, credere in una, essere di una, eppure non averla, passare anche anni senza che tu sia uomo con una donna, e allora prenderne una che non è la tua ed ecco avere, in una camera d’albergo avere, invece dell’amore, il suo deserto.”
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