26 Aprile 1986

26 aprile 1986

Disastro di Černobyl’: a Černobyl’, in Unione Sovietica, l’esplosione in una centrale elettronucleare provoca immediatamente trentuno vittime. Nei giorni seguenti una nube radioattiva contaminerà buona parte dell’Europa, Italia compresa. Le conseguenze sulla popolazione locale dureranno per decenni.

L’incidente avviene alle ore 1:23:00 circa, presso la centrale nucleare V.I. Lenin, nell’Ucraina settentrionale (all’epoca parte dell’URSS), a 3 km dalla città di Pryp’jat’ e 18 km da quella di Černobyl’, 16 km a sud del confine con la Bielorussia.

Le cause furono indicate variamente in gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico che dirigente, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’impianto stesso e nella sua errata gestione economica ed amministrativa. Nel corso di un test definito “di sicurezza” (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n°3), il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso, portando ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore n°4 della centrale: si determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore.

Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l’aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, lo scoperchiamento del reattore ed un vasto incendio dello stesso.

Una nube di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessari l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America.

Il rapporto ufficiale, redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre), conta 65 morti accertati e stima altri 4 000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare direttamente al disastro.

I dati ufficiali sono contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una stima di fino a 6 000 000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo il modello specifico adottato nell’analisi. Il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando con il rapporto ufficiale ONU per quanto riguarda il numero dei morti accertati, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte, che stima piuttosto in 30 000 ~ 60 000.