
13 Luglio 1977
Il Blackout di New York del 1977 dura per 25 ore, causando saccheggi ed altri disordini.
Il blackout comincia la sera del 13 Luglio, intorno alle 21:30 e finisce nel tardo pomeriggio del 14, interessando quasi tutta l’area di New York (tranne alcuni distretti del Queens, forniti dalla Long Island Lighting Company) ma rimanendo circoscritto ai confini della città senza interessarne l’area esterna.
L’avaria viene causata dal alcuni fulmini che fanno saltare una sottostazione della compagnia Con Edison ed alcune linee ad alta tensione, che si riflettono a cascata su tutto il sistema di trasmissione. Vengono avviate tutte la procedure di emergenza, ma l’energia riesce a tornare soltanto la sera del giorno dopo.
La città di New York stava attraversando un periodo molto difficile, fatto di delinquenza di strada (il famoso fenomeno delle gang), di assassini seriali (David Berkowitz, conosciuto anche come “Son of Sam”), di una crisi fiscale molto seria e di altissimi livelli di disoccupazione.
Proprio per questo nelle aree più povere della città durante l’oscuramento cominciano delle vere e proprie rivolte urbane, che si realizzeranno nell’appiccamento di incendi (più di 1000) e la devastazione e saccheggio di circa 1.600 esercizi commerciali. I rivoltosi scorrazzeranno indisturbati durante tutte le 25 ore del blackout, ma 3.700 di loro verranno arrestati per i reati che causeranno danni per 300 milioni di dollari dell’epoca.

13 Luglio 1914
Simone Pianetti, dopo aver compiuto sette omicidi, scompare tra i monti della Val Brembana e non viene più ritrovato, nonostante l’ingente dispiegamento di Carabinieri e l’introduzione di una taglia.
Nasce nel 1858 in Val Brembana ed emigra a New York, dove si avvicina agli ambienti anarchici. Lavorando nel commercio, denuncia la mafia locale (la Mano Nera), un atto che porta alla morte di un caro amico e lo costringe a tornare in Italia. Al suo rientro, la vita non è più facile. Sposato e con nove figli, apre prima una taverna e poi un mulino elettrico, ma entrambe le attività falliscono a causa del boicottaggio della comunità perché anarchico e anti-clericale.
Ridotto in miseria e pieno di rancore, Pianetti matura un forte desiderio di vendetta. Ispirato dall’omicidio dell’arciduca Francesco Ferdinando, il 13 luglio 1914 esce di casa armato di fucile e uccide sette persone che riteneva responsabili della sua rovina, tra cui il medico che non aveva curato bene suo figlio, il segretario comunale che aveva ordinato la chiusura della sua osteria, il parroco e altri cittadini con cui aveva avuto contenziosi.
Dopo la strage, Pianetti si dà alla fuga tra i monti della Val Brembana, territorio che conosce alla perfezione. Nonostante la massiccia caccia all’uomo e l’offerta di una taglia, non viene mai più trovato. L’ultima testimonianza risale al 28 luglio 1914, quando incontra il figlio Nino, che cerca di convincerlo a costituirsi. Pianetti rifiuta, affermando che non l’avrebbero mai trovato, né vivo né morto.
La sua figura diventerà leggendaria per parte della popolazione, che lo considererà una sorta di vendicatore contro i “poteri forti” del paese. Molti contadini e pastori lo aiuteranno, fornendogli cibo e riparo. Le ricerche saranno infine sospese con l’arrivo della Prima Guerra Mondiale.
Nonostante la condanna all’ergastolo in contumacia, il suo destino rimane un mistero. Esistono diverse ipotesi: che sia morto sui monti, che sia fuggito in Venezuela con un passaporto falso, o che sia tornato in Italia sotto falsa identità, morendo a Milano nel 1952. Curiosamente, a causa di una singolare situazione giudiziaria, non essendo mai stata avviata la procedura di morte presunta, Simone Pianetti risulta ancora legalmente in vita, con l’improbabile età di 167 anni. La sua figura è rimasta viva nella cultura popolare della Val Brembana, dove viene visto come un simbolo di ribellione contro le ingiustizie.
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