24 Dicembre 1975
Viene arrestato nel covo di Via Scarenzio 6 a Pavia il brigatista Fabrizio Pelli.
Alla vigilia di Natale 1975 le BR subiscono un nuovo colpo. Accade alla periferia di Pavia, ed è l’ennesimo episodio gravido di ambiguità.
In via Scarenzio 6, nel tardo pomeriggio di mercoledì 24, il continuo fragore dello sciacquone del bagno ininterrottamente in funzione nell’appartamento attiguo induce la condomina Mariarosa Piccinini – preoccupata per un possibile malore del vicino (che non risponde al campanello), o di un guasto che provochi allagamenti – a chiamare il 113.
I Vigili del fuoco, accompagnati da una volante della polizia, salgono sul balcone dell’appartamento, forzano la persiana chiusa, raggiungono il bagno e chiudono la maniglia dello sciacquone che effettivamente era stato lasciato aperto; ma basta un’occhiata intorno per capire che si tratta di un covo brigatista: in bella mostra ci sono armi e munizioni, targhe false, timbri per contraffare documenti, volantini BR, una radio rice-trasmittente, e banconote per 4 milioni.
Ne viene subito informata la Questura, e sul posto arriva il dirigente dell’Ufficio politico Michele Cera, mentre da Milano arriva il responsabile dell’antiterrorismo Vito Plantone.
L’appartamento risulta abitato da una giovane coppia, che lo ha affittato da pochi mesi, e da un terzo individuo. La polizia organizza un appostamento intorno all’edificio, e alle ore 22.30 viene tratto in arresto l’uomo della coppia, che ha una falsa patente intestata Maurizio Bianchi, ma in realtà viene subito identificato come il brigatista latitante Fabrizio Pelli.
La sua partner, e il terzo uomo, non si fanno vivi e si sottraggono alla cattura. La donna viene identificata in Susanna Ronconi; i giornali scrivono che il terzo uomo potrebbe essere Renato Curcio, mentre la polizia accerterà che si tratta di Corrado Alunni; secondo altre fonti, il terzo uomo sarebbe stato Mario Moretti.
Forte è il sospetto che la scoperta del covo di Pavia sia stata provocata con l’espediente dello sciacquone del bagno lasciato aperto – è la stessa tecnica che verrà utilizzata per provocare la scoperta della base BR di via Gradoli 96, a Roma, il 18 aprile 1978, durante il sequestro Moro.
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