Fine Dicembre 1975
Mario Moretti prende in affitto a Roma l’appartamento di Via Gradoli 96.
Prende in affitto l’appartamento con il nome di Mario Borghi, un bilocale arredato con cucina e bagno, al secondo piano della Scala A, interno 11.
Sarà la base utilizzata dal nuovo capo brigatista per organizzare la colonna romana delle BR e preparare il delitto Moro.
Anni dopo, Moretti tenterà di posticipare la data dell’affitto al «1977» ma è solo una delle sue tante menzogne.
«La base di via Gradoli fu presa in affitto da Moretti nel 1975», confermerà in sede giudiziaria il brigatista romano Valerio Morucci; circostanza ribadita dal proprietario del bilocale, l’ingegner Giancarlo Ferrero (intestatario dell’immobile insieme alla moglie Luciana Bozzi): «Nel dicembre 1975… ho affittato l’appartamento [al Borghi Moretti, ndr] stipulando il contratto per la durata di un anno, rinnovabile».
Nel luglio 1974 i coniugi Giancarlo Ferrerò e Luciana Bozzi hanno comprato l’appartamento di via Gradoli 96. Per 16 mesi non si sa da chi sia stato abitato il bilocale, o se sia rimasto sfitto.
Nel dicembre 1975, all’improvviso, l’appartamento viene affittato a un certo “Mario Borghi”, falsa identità del capo brigatista Moretti, senza che i due proprietari dell’appartamento chiedano alcuna referenza, né facciano alcuna verifica sul conto dell’affittuario, né ricordino come il Borghi sia entrato in contatto con loro.
Il contratto d’affitto – manoscritto dal Ferrero, ma privo delle date di stipula e decorrenza – viene firmato dalla sola Luciana Bozzi, e non viene registrato. Al Borghi-Moretti i coniugi Ferrero affitteranno, nel novembre 1977, anche un box-auto nel garage di via Gradoli 75, ma il contratto di locazione non verrà integrato, e neppure ne verrà informata la Questura come stabilito dal decreto antiterrorismo. Né sarà possibile appurare se e come il Borghi-Moretti in realtà pagasse l’affitto per la doppia locazione (appartamento e box) perché i coniugi Ferrero non saranno in grado di esibire una sola ricevuta di pagamento, e le matrici dei 5 vaglia intestati al Ferrero trovati nel covo risulteranno di importi assai inferiori al canone indicato nel contratto.
Non verrà mai accertato attraverso quali contatti Moretti approdi in via Gradoli. Secondo una informativa della Digos, la moglie di Ferrero e co-intestataria dell’immobile affittato a “Borghi”, Luciana Bozzi, sarebbe in rapporti con Giuliana Conforto, proprietaria dell’appartamento di viale Giulio Cesare nel quale troveranno rifugio i brigatisti latitanti Valerio Morucci e Adriana Faranda dopo il delitto Moro, nel 1979. La Conforto è figlia di Giorgio Conforto, comunista “secchiano” e sospetta spia del Kgb. «Secchiana era [anche] Luciana Bozzi, proprietaria dell’appartamento di via Gradoli», scriverà l’ex ministro Taviani.
Negli atti giudiziari del caso Moro non risulta esservi alcun verbale di interrogatorio della Bozzi. Dell’altro proprietario dell’appartamento affittato al capo brigatista, Giancarlo Ferrero, si sa solo che al momento è un ingegnere dell’Ibm.
Nei successivi anni Ottanta e Novanta, diventerà un importante manager nelle telecomunicazioni: secondo una fonte giornalistica, Ferrero ricoprirà incarichi richiedenti il Nos (“Nullaosta di sicurezza”: la speciale autorizzazione – rilasciata dalle autorità Nato, previo assenso dei servizi segreti italiani – per svolgere attività nei settori connessi alla sicurezza nazionale e atlantica), e potrà partecipare «al segretissimo “programma Horizon”» trattando «pannelli elettronici della Otomelara [fabbrica di armi, ndr] per centrali di tiro in uso anche nelle corvette missilistiche».
All’inizio del 1999 l’ing. Ferrero assumerà la carica di amministratore delegato della Bell Atlantic International Italia srl, filiale italiana della multinazionale americana di servizi e prodotti nel settore delle telecomunicazioni -servizi e prodotti riguardanti anche il settore degli armamenti Nato e la sicurezza nazionale.
Dopo il delitto Moro emergerà un’altra singolarissima circostanza inerente l’appartamento-covo preso in affitto dal capo delle BR in via Gradoli 96.
Le bombole del gas per la cucina in uso al Borghi-Moretti le fornisce la Elettro Cassia, e secondo la titolare della ditta «uno dei due suoi dipendenti che spesso faceva le consegne delle bombole in “casa Borghi” era Enzo Gismondi, un carabiniere in forza presso lo stato maggiore dell’Aeronautica»
Via Gradoli è una stradina stretta e circolare, lunga 600 metri, con un solo accesso-uscita (da e per la via Cassia) dal quale è facile avere il controllo dell’andirivieni nella via. La decisione di collocare in un posto simile la prima e principale base delle BR a Roma è l’esatta negazione delle normali cautele adottate dai brigatisti, sempre attenti a collocare le loro basi in zone che garantiscano varie possibilità di fuga stradale, e che siano difficilmente “controllabili” dall’esterno.
Via Gradoli è in assoluto uno dei posti meno adatti per collocarvi una base brigatista. Ci abitano molti “clandestini”, ma anche il sottufficiale di Pubblica sicurezza Luigi Di Maio (in una posizione da dove è possibile controllare tutto il traffico della strada); è frequentata da immigrati, ma anche da alcuni latitanti, da falsari e ricettatori; ci sono già almeno due covi di tipo eversivo, uno di estrema sinistra (ex di Potere operaio passati alla lotta armata) e uno di estrema destra.
Al n° 96 della via, in un appartamento attiguo a quello affittato da Borghi-Moretti, abita una studentessa egiziana, Lucia Mokbel, che è un’informatrice della polizia. Logico che gli apparati di sicurezza tengano sotto controllo quella strada, anzi in via Gradoli i servizi segreti hanno un loro ufficio coperto. Di più: al n ° 89 – proprio di fronte al civico 96 dove Moretti colloca la base romana delle BR – ci abita un sottufficiale dei carabinieri, anche lui originario di Porto San Giorgio, Arcangelo Montani, in forza al Sismi (il servizio segreto militare) non appena verrà costituito, all’inizio del 1978.
Le stranezze non sono finite. Il civico 96 di via Gradoli è fonnato da due palazzine di 4 piani, ciascuna con due scale (A e B). Privi di portineria, i due edifici sono denominati in base alla società costruttrice: uno Imico (Immobiliare italiana costruzioni), l’altro Socoap (Società costruzioni appartamenti).
L’appartamento affittato dai coniugi Ferrero-Bozzi a Borghi-Moretti è situato al 2° piano della palazzina Imico, palazzina formata da 32 appartamenti dei quali ben 24 sono proprietà delle immobiliari Monte Valle Verde srl, Caseroma srl e Gradoli spa, società fra i cui amministratori ci sono vari fiduciari dei servizi segreti. Dal commercialista Aldo Bottai (amministratore unico della Monte Valle Verde srl, ma anche socio fondatore della Nagrafin spa, società di copertura del Sisde), a Gianfranco Bonori (sindaco revisore della Gradoli spa, poi segretario della Gattel srl del Sisde, quindi commercialista di fiducia del servizio segreto civile), a Domenico Catracchia (amministratore unico di Caseroma srl prima e della Gradoli spa poi, quindi fiduciario del capo della Polizia Vincenzo Parisi).
In pratica, la base romana delle BR collocata da Moretti in via Gradoli è circondata da appartamenti intestati a società immobiliari nei cui organismi societari ci sono fiduciari del servizio segreto del Viminale.
Buona parte delle operazioni immobiliari di via Gradoli 96 sono accomunate dallo studio notarile dei fratelli Fabrizio e Francesco Fenoaltea: dal rogito dell’appartamento scala A interno 11 acquistato dai coniugi Bozzi-Ferrero e poi affittato a Moretti, agli atti costitutivi della immobiliare Caseroma srl e della sua successiva liquidazione, fino alla nomina di Domenico Catracchia alla carica di amministratore unico della immobiliare Gradoli spa. Per la cronaca, i notai Fenoaltea sono cugini di primo grado del defunto ex ambasciatore italiano a Washington Sergio Fenoaltea, maestro e amico di Edgardo Sogno.
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