20 Dicembre 2006
Muore Piergiorgio Welby in Italia, il primo vero caso pubblico di eutanasia nel paese.
Chiese ufficialmente la propria morte nel 2006: il caso di Welby (per alcuni “eutanasia” – precisamente eutanasia passiva, per altri rifiuto dell’accanimento terapeutico, per altri ancora diritto all’autodeterminazione) – simile a quello di Ramon Sampedro ed altri – suscitò in Italia un acceso dibattito sulle questioni di fine vita e, più in generale, sui rapporti tra legge e libertà individuali.
Nel settembre 2006 Welby inviò una lettera aperta al Presidente della Repubblica chiedendo il riconoscimento del diritto all’eutanasia. Giorgio Napolitano rispose auspicando un confronto politico sull’argomento.
La Chiesa cattolica, il 21 novembre 2006, in un messaggio per la 29ª giornata per la vita del 4 febbraio 2007, riaffermò la sua contrarietà all’eutanasia.
Il 5 dicembre 2006 Barbara Pollastrini, ministro per i diritti e le pari Opportunità, chiese «rispetto, comprensione e pietà» nei confronti di Welby.
Il 6 dicembre 2006 Livia Turco, ministro della salute, auspicò un intervento del Consiglio superiore di sanità che chiarisse se nel trattamento medico a cui era sottoposto Welby fosse ravvisabile accanimento terapeutico. Il Consiglio diede parere negativo.
L’8 dicembre 2006, in una lettera inviata al Tg3, Welby paragonò la sua condizione a quella vissuta da Aldo Moro durante la prigionia. In un sondaggio promosso dal quotidiano La Repubblica e condotto dalla rivista MicroMega il 64% degli intervistati (il 50% tra i cattolici praticanti ed il 71% tra i cattolici non praticanti) si dichiarò favorevole all’interruzione delle cure mediche per Welby, contro il 20% dei contrari.
Il 20 Dicembre, verso le ore 23.00, Piergiorgio Welby si è congedato dai parenti ed amici riuniti al suo capezzale, ha chiesto di ascoltare musica di Bob Dylan e, secondo la sua volontà, è stato sedato e gli è stato staccato il respiratore. Verso le ore 23.45 è quindi spirato.
Il dottor Mario Riccio, anestesista, ha confermato durante una conferenza stampa tenutasi il giorno successivo, di averlo aiutato a morire alla presenza della moglie Mina, della sorella Carla e dei compagni radicali dell’Associazione Luca Coscioni: Marco Pannella, Marco Cappato e Rita Bernardini.
Il 1 febbraio 2007 l’Ordine dei medici di Cremona ha riconosciuto che il dottor Mario Riccio ha agito nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti.
L’8 giugno 2007 il giudice per le indagini preliminari ha comunque imposto al pm l’imputazione del medico per omicidio del consenziente, respingendo la richiesta di archiviazione del caso, ma il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, lo ha definitivamente prosciolto ordinando il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.