23 Giugno 1980

Mario Amato, sostituto procuratore della Repubblica di Roma, viene assassinato dall’organizzazione eversiva di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari.

Dopo essere stato sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Rovereto dal settembre del 1971 all’estate del 1977, il 30 giugno 1977 Mario Amato fu trasferito con la stessa qualifica presso la Procura di Roma.

Dal 1977 ha l’incarico dal Procuratore Generale Giovanni de Matteo di riprendere le indagini avviate dal magistrato Vittorio Occorsio, che era stato ucciso mentre indagava sul gruppo di destra eversiva dei NAR e sul neofascista Pierluigi Concutelli (le indagini dimostreranno successivamente che era stato proprio il Concutelli l’autore dell’omicidio Occorsio).

Amato ha la promessa – mai mantenuta – di venire affiancato da uno o due altri colleghi.

Con Vittorio Occorsio, Mario Amato è il primo magistrato a «tentare una “lettura globale” del terrorismo nero. Attraverso i parziali successi delle indagini su singoli episodi terroristici dice davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 13 giugno 1980 – solo dieci giorni prima di essere ucciso:

«sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi.»

Amato riesce a ricostruire le connessioni tra destra eversiva e Banda della Magliana e intuisce i legami tra sottobosco finanziario, economico e potere pubblico. Scopre, tra l’altro, che i NAR cercavano un’alleanza “tattica” con gli estremisti di sinistra» (come auspicato da anni da Franco Freda, il teorico dell’alleanza tattica con il terrorismo di opposto colore e a quel tempo sotto processo per la strage di Piazza Fontana), e che il gruppo facente capo a Fioravanti è organizzato alla stregua delle Brigate Rosse e sta diventando estremamente pericoloso.

Viene però lasciato solo a svolgere queste indagini, isolato dai suoi superiori e oggetto di continui attacchi da parte del collega giudice Antonio Alibrandi (padre del terrorista dei NAR Alessandro e fedelissimo di Giusva Fioravanti). In una Procura della Repubblica che sarà poi chiamata spesso dalla stampa, riprendendo il titolo di un’opera di Georges Simenon, Il porto delle nebbie, Amato era destinato ad entrare presto così nel mirino della destra eversiva e terroristica.

Il «terrorismo nero» viene da lui perciò indagato nella più sconsolante solitudine e solo rimane fino alla mattinata del 23 giugno 1980 poche settimane prima della Strage di Bologna.

Ricevuto un diniego per l’uso di una vettura blindata, per le “difficoltà” di fargli arrivare alle 8,00 del mattino uno degli autisti (che entravano in servizio solo alle 9,00), Mario Amato non ha modo di giungere in sicurezza nel suo ufficio alla Procura, in Piazzale Clodio. Mentre attende un autobus alla fermata posta all’incrocio tra Viale Jonio e Via Monte Rocchetta, il sostituto procuratore viene raggiunto alle spalle da Gilberto Cavallini che gli esplode alla nuca un colpo di rivoltella fatale, per poi fuggire con una motocicletta che lo aspetta, alla cui guida era l’altro NAR Luigi Ciavardini.

Alla notizia dell’avvenuto assassinio, i pluriomicidi Giusva Fioravanti e Francesca Mambro festeggeranno, secondo le loro stesse dichiarazioni, consumando ostriche e brindando con champagne. Stileranno poi il volantino di rivendicazione in cui affermeranno: «oggi Amato ha chiuso la sua squallida esistenza, imbottito di piombo».


23 Giugno 1969

Esce il primo numero della rivista mensile Il manifesto, che diventerà quotidiano nel 1971.

Il quotidiano è pubblicato da una società cooperativa i cui soci sono gli stessi giornalisti e i tecnici addetti alla stampa; tutti i soci hanno lo stesso stipendio. Per questo spesso non partecipa agli scioperi dei giornalisti contro gli editori, andando comunque in edicola, ma ospitando alcune pagine con le ragioni degli scioperanti.

Nasce in origine come rivista politica mensile, diretta da Lucio Magri e da Rossana Rossanda, ed edito da Edizioni Dedalo. Alla redazione del primo numero, uscito il 23 giugno 1969 con una tiratura di 75.000 copie partecipano Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Lidia Menapace, Ninetta Zandegiacomi e Michele Rago. La veste grafica è curata da Giuseppe Trevisani, il prezzo della copia era di 50 lire e vendette 30.000 copie.

Il periodico nasce dalla componente più “a sinistra” del Partito Comunista Italiano che con Pietro Ingrao aveva sostenuto nel corso dell’XI congresso alcune battaglie per la democrazia interna al partito e sollevato la questione del “modello di sviluppo” in contrapposizione alla componente più “moderata” del partito, capeggiata da Giorgio Amendola.

L’idea di dare vita a una pubblicazione autonoma risale all’estate del 1968, ma viene congelata in vista del XII congresso del PCI, dove, peraltro, Pintor, Natoli e Rossanda non avevano votato in Comitato centrale le tesi.

La rivista assume posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito (in particolar modo rispetto all’invasione sovietica della Cecoslovacchia, con l’editoriale uscito nel secondo numero intitolato “Praga è sola”) che ne chiede la sospensione delle pubblicazioni. La Commissione Centrale di Controllo e il Comitato centrale del PCI il 24 novembre 1969, relatore Alessandro Natta, deliberano la radiazione per Rossana Rossanda, Luigi Pintor e Aldo Natoli con l’accusa di “frazionismo”. Successivamente viene adottato un provvedimento amministrativo per Lucio Magri e non vengono rinnovate le iscrizioni per Massimo Caprara (dal 1944, per 20 anni, segretario personale di Togliatti), Valentino Parlato e Luciana Castellina.