30 Maggio 1924

Giacomo Matteotti denuncia in Parlamento le violenze dei Fascisti durante le elezioni dell’Aprile precedente.

Matteotti prende la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 Aprile. Mentre dai banchi fascisti si levano contestazioni e rumori che lo interrompono più volte (un deputato fascista, Giacomo Suardo, abbandona l’aula per protesta) Matteotti, denunciando una nuova serie di violenze, illegalità ed abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni, pronuncia un discorso che sarebbe rimasto famoso:

“[…]Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. […] L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. […] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… […] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse.”

Terminato il discorso dice ai suoi compagni di partito:

“Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me.”

La proposta di Matteotti di far invalidare l’elezione almeno di un gruppo di deputati – secondo le sue accuse, illegittimamente eletti a causa delle violenze e dei brogli – viene respinta dalla Camera con 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti. Matteotti non mirava realmente all’invalidamento del voto, bensì a dare il via dai banchi del parlamento ad una opposizione più aggressiva nei confronti del fascismo, accusando in un colpo solo sia il governo fascista che i “collaborazionisti” socialisti. Una volontà di opposizione intransigente che aveva già espresso in una lettera a Turati precedente alle elezioni:

“Innanzitutto è necessario prendere, rispetto alla Dittatura fascista, un atteggiamento diverso da quello tenuto fino qui; la nostra resistenza al regime dell’arbitrio dev’essere più attiva, non bisogna cedere su nessun punto, non abbandonare nessuna posizione senza le più decise, le più alte proteste. Tutti i diritti cittadini devono essere rivendicati; lo stesso codice riconosce la legittima difesa. Nessuno può lusingarsi che il fascismo dominante deponga le armi e restituisca spontaneamente all’Italia un regime di legalità e libertà, (…) Perciò un Partito di classe e di netta opposizione non può accogliere che quelli i quali siano decisi a una resistenza senza limite, con disciplina ferma, tutta diretta ad un fine, la libertà del popolo italiano.”

In questa sua intransigenza – tuttavia – Matteotti non riusciva a trovare un collegamento con l’operato e l’ideologia dei comunisti, che vedevano tutti i governi borghesi uguali fra loro e quindi da combattere indifferentemente:

Il discorso del 30 maggio – secondo lo storico Giorgio Candeloro – “diede a Mussolini e ai fascisti la sensazione precisa di avere di fronte in quella Camera un’opposizione molto più combattiva di quella esistente nella Camera precedente e non disposta a subire passivamente illegalità e soprusi.