22 Marzo 1959

22 marzo

Italia: incidente sulla diga del Lago di Pontesei, anticipazione del disastro del Vajont.

Il lago di Pontesei, a 807 metri sul livello del mare, è un bacino idroelettrico sul torrente Maè in Val Zoldana, in provincia di Belluno. Tra il 1955 e il 1957 venne realizzata una diga.

Il nome deriva dal dialetto locale “pontesiei”, ponticelli, che erano le strutture che permettevano di attraversare la Val Zoldana prima della costruzione dell’attuale Strada Provinciale 251.

Il 22 Marzo 1959, preceduta da numerosi segni premonitori, una frana di circa 3 milioni di metri cubi si stacca dal monte Castellin e dello Spiz da un fronte di 500 metri e precipita nell’arco di tempo di 2-3 minuti nelle acque del lago.

Nonostante il bacino non fosse a pieno carico, si alza un’ondata che sormonta la diga travolgendo il sorvegliante, Arcangelo Tiziani, il cui cadavere non venne mai ritrovato.

Per la meccanica dell’incidente, il Lago di Pontesei è considerato l’anticipazione del disastro del Vajont, e mentre si costruiva la diga nella vicina Longarone causò grande preoccupazione. O forse non abbastanza, visto che il disastro del Vajont avverrà conle stesse modalità.

Lo smottamento, tuttora visibile, rimane a perenne monito, tanto che l’ENEL ne ridurrà notevolmente il carico per motivi di sicurezza.


22 Marzo 1944

22 Marzo

Eccidio di Montalto: fucilazione di 32 giovani da parte dei nazisti nel comune di Cessapalombo (MC)

Partigiani di vecchia data e nuove reclute (giunte in montagna da meno di un mese) vengono trucidate da un reparto del battaglione M – IX Settembre, inquadrato nella divisione tedesca Brandenburg.

L’eccidio, probabilmente eseguito come rappresaglia per l’episodio di Muccia del 23 Febbraio 1944, è da ricercarsi nella situazione politico-militare delle Marche e precisamente nella grande offensiva nazifascista nel maceratese e nelle province meridionali (Rovetino, Pozza e Umito, Caldarola e Sarnano), per prendere possesso dell’importantissima zona che faceva da collegamento con il fronte di Anzio.

Tali zone non erano sicure per i nazifascisti a causa delle continue azioni di disturbo dei partigiani, che sabotavano e razziavano i convogli tedeschi. Oltre al tentativo di riprendere quelle zone l’eccidio ebbe come cause anche l’obiettivo di terrorizzare le popolazioni locali per evitare che dessero appoggio alle formazioni partigiane e per costringere i giovani a presentarsi ai bandi di leva o come forza lavoro da inviare in Germania.

L’unico superstite della strage, Nello Salvatori, la racconta così:

“…Quattro a quattro vengono barbaramente stroncate fiorenti giovinezze. Qualcuno non morto si lamenta pietosamente. I militi, impietriti, lo finiscono a colpi di pistola. E’ la volta del quarto turno, il mio. Percorro pochi metri, che mi separano dal luogo della fucilazione con l’anima nella più grande agitazione. Non faccio neppure in tempo ad arrivare che una scarica di “automatico” parte. Non so neppure io come cado a terra, colpito da alcune pallottole non mortali al fianco, al braccio, alla gamba destra. Inizia, così, per me una protezione divina. Non mi preoccupo delle ferite quantunque non poco sanguinanti. Tutta l’attenzione è di non lamentarmi e di non muovermi per evitare il colpo di grazia. Il freddo è intenso.

Il sangue che esce dalle ferite mi comincia a spaventare. Altri quattro compagni cadono e mi coprono. Anche il sangue di essi scorre copioso, mi macchia il volto, la testa, la schiena, tutto. Brevi istanti passano, poi sento togliermi i cadaveri di sopra. Si saranno forse accorti di me che sono ancora vivo? Mi daranno il colpo di grazia? Riconcentro tutto me stesso a comparire morto. Mi prendono fortunatamente quei compagni che attendono per essere fucilati. Mi trascinano per qualche spazio, poi sento mancarmi il terreno e scivolo velocemente per una scarpata. Altri fucilati mi cadono bruscamente sopra e sento di qualcuno l’ultimo respiro. Il pericolo di ricevere il colpo di grazia è passato. Mi resta da vedere se gli assassini se ne sono andati. Attendo immobile sulla neve circa tre ore. Sento venir gente. Mi accorgo che non sono fascisti. Raccogliendo, allora, tutte le mie forze lentamente mi alzo, emozionato nel vedere un mucchio di compagni inerti. La gente spaventata indietreggia, piange, si lamenta. Penso subito che nel mucchio ci deve essere qualcuno salvo come me. Mi do a chiamarli ad uno ad uno:(…) Tutti morti! “

Nell’Aprile successivo gli Alleati riprenderanno l’avanzata verso nord e i gruppi partigiani si riorganizzeranno, costringendo i nazifascisti a retrocedere e ad effettuare sempre più feroci rappresaglie.