18 Novembre 1987
A Londra, 31 persone muoiono in un incendio nella più trafficata stazione della metropolitana, a King’s Cross.
L’incendio di King’s Cross è un evento catastrofico avvenuto a Londra la sera del 18 novembre 1987 nella stazione di King’s Cross St. Pancras della Metropolitana di Londra, nel quartiere di Camden. La stazione è uno dei maggiori interscambi della rete di trasporti pubblici di Londra, dato che collega le due stazioni ferroviarie di King’s Cross e di St Pancras alla stazione della metropolitana sulle linee Hammersmith & City Line, Circle Line, Metropolitan Line, Northern Line, Piccadilly Line e Victoria Line.
L’incendio è divampato all’incirca alle ore 19:30 da una scala mobile di legno sulla Piccadilly line e verso le 19:45 ha prodotto il flashover che ha investito la biglietteria uccidendo 31 persone e ferendone 100. Durante la pubblica inchiesta, durata da febbraio a giugno 1988, gli investigatori hanno riprodotto l’incendio due volte, la prima per provare che il grasso accumulato sotto la scala mobile era infiammabile, la seconda per verificare l’attendibilità di una simulazione computerizzata dell’incendio. L’inchiesta ha concluso che l’incendio è stato causato da un fiammifero acceso gettato sulla scala mobile e che il piccolo incendio iniziale è aumentato improvvisamente per il fino ad allora sconosciuto effetto trincea, proiettando una violenta lingua di fuoco e fumo verso la biglietteria. Tale effetto trincea è stato confermato durante l’inchiesta dalle simulazioni al computer.
La London Underground è stata fortemente criticata sulla preparazione del personale riguardo alla prevenzione e gestione degli incendi e all’evacuazione di emergenza. Il rapporto dell’inchiesta ha condotto alle dimissioni della direzione sia della London Underground sia della London Regional Transport e all’aggiornamento delle norme di prevenzione degli incendi. Tra l’altro, le scale mobili in legno sono state progressivamente sostituite da scale mobili in metallo in tutta la rete della metropolitana londinese.
18 Novembre 1978
A Jonestown (Guyana), Jim Jones guida il Tempio del popolo ad un suicidio di massa; muoiono 913 persone, tra cui 276 bambini.
Il movimento era stato fondato nel 1955, nello stato americano dell’Indiana, con il nome di Wings of Deliverance (“Ali della liberazione”). Mutato il nome in “Tempio del popolo”, nel 1965 si era trasferito in California con 70 membri (prima a Redwood Valley, presso Ukiah, quindi in una sinagoga abbandonata a Fillmore, quartiere di San Francisco). I membri venivano invitati a vivere in comune, con seguaci raccolti principalmente tra gli emarginati e le minoranze etniche. Praticava una mescolanza tra gli insegnamenti di Cristo e il comunismo dottrinario stalinista.
A seguito delle accuse di promiscuità sessuale e di attività politiche segrete, circa un migliaio di aderenti al movimento, guidati dal pastore Jones, si trasferirono nella giungla della Guyana, fondandovi la nuova città di Jonestown in una concessione ottenuta già nel 1974 dal governo della Guyana in un territorio al confine con il Venezuela per un “progetto agricolo”.
Jones aveva concepito l’idea di creare in questo paese sudamericano una comunità utopistica socialista, dove la fratellanza e la tolleranza avrebbero avuto la meglio sul materialismo e sul razzismo da lui detestato negli Stati Uniti.
L’idea era quindi quella di trasformare questa comunità in un paradiso in terra: i membri venivano indottrinati con linguaggio millenaristico e tecniche di lavaggio del cervello da comune nordcoreana, coloro che abbandonavano la comune venivano definiti disertori ed esisteva una polizia informale per ostacolare, se non rendere impossibile, la diserzione.
In seguito alle rivendicazioni delle famiglie di alcuni membri, che ritenevano i loro parenti trattenuti al campo contro la loro volontà, fu dato corso a un’indagine che coinvolse il Congresso degli Stati Uniti: il 17 novembre 1978 si recò al Tempio una delegazione guidata dal deputato Leo Ryan, accompagnato da giornalisti e da familiari dei membri del movimento. Al momento della partenza, sulla pista di decollo nella vicina Port Kaituma, il servizio di sicurezza del movimento sparò sui membri della delegazione, uccidendone cinque, tra cui il deputato Leo Ryan.
Jim Jones, venuto a conoscenza dell’attacco, convocò un’assemblea generale, che fu registrata in un nastro, in cui avanzò la richiesta ai membri del movimento di effettuare un “suicidio di massa per la gloria del socialismo”. La maggior parte degli adepti si suicidò ingerendo del cianuro diluito in una bevanda aromatizzata con del Flavor Aid al sapore di uva (una bevanda simile al Kool-Aid), mentre pochi altri, tra cui lo stesso Jim Jones e sua moglie, si suicidarono con una revolverata. Chi invece non accettò la decisione fu abbattuto a colpi di arma da fuoco.
Il livello di fanatismo estremo può forse spiegare l’adesione della comunità al suicidio collettivo, una decisione a cui si associarono anche alcuni adepti non presenti in quel momento a Jonestown. Esistono svariate testimonianze provenienti dai pochi superstiti che riferirono di madri che avvelenarono volontariamente, e talvolta spontaneamente, i propri figli. Inoltre, parrebbe che Jim Jones, nell’ultima drammatica assemblea, non fosse stato nemmeno il primo a proporre un suicidio di massa, idea che circolava già da diversi mesi nella comunità, e che era condivisa da molti degli oratori che parlarono quel giorno.
I sopravvissuti descrivono Jonestown come un misto di prigione e bucolica isola di felicità e di riuscita integrazione razziale. Le diserzioni erano comunque pochissime non solo per la repressione operata contro i disertori, ma perché le persone vivevano in uno stato di mobilitazione permanente una vita completamente comunitaria, in cui difficilmente sviluppavano il desiderio di andarsene.
Quello di Jonestown è stato (senza considerare gli attacchi alle Torri Gemelle) l’evento che ha visto morire il maggior numero di cittadini americani in tempo di pace per cause diverse da quelle naturali, climatiche o geologiche. Inoltre, Leo Ryan è stato l’unico deputato della storia degli Stati Uniti d’America ad essere stato ucciso mentre era in carica.