27 Ottobre 1962
L’aereo Morane-Saulnier MS-760 Paris su cui stava tornando da Catania a Milano Enrico Mattei, presidente dell’ENI, precipita nelle campagne di Bascapè, un piccolo paese in provincia di Pavia, mentre durante un violento temporale si stava avvicinando all’aeroporto di Linate.
Muoiono tutti gli occupanti: Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi ed il giornalista inglese William McHale.
Secondo alcuni testimoni, il principale dei quali è il contadino Mario Ronchi (che in seguito ritratterà la sua testimonianza), l’aereo esplode in volo.
Le indagini svolte dall’Aeronautica militare italiana e dalla Procura di Pavia sull’ipotesi di attentato, si chiuderanno inizialmente con un’archiviazione “perché il fatto non sussiste”.
In seguito, nel 1997, il ritrovamento di reperti che potranno essere analizzati con nuove tecnologie, farà riaprire le indagini giudiziarie. Queste stavolta si chiederanno con l’ammissione che l’aereo «venne dolosamente abbattuto», senza però poterne scoprire né i mandanti, né gli esecutori.
In particolare, un’analisi metallografica dell’anello d’oro e dell’orologio indossati da Mattei, predisposta dal perito prof. Donato Firrao (professore ordinario di Metallurgia e dal 2005 preside della Prima Facoltà di Ingegneria presso il Politecnico di Torino), dimostrerà che gli occupanti dell’aereo subiscono ad una deflagrazione.
Nell’aereo si è certificato che era stata inserita una bomba stimata in 150 grammi di tritolo posti dietro al cruscotto dell’apparecchio che si sarebbe attivata durante la fase iniziale di atterraggio, attivata forse dell’accensione delle luci di atterraggio o dall’apertura del carrello o dai flap.
Il sostituto procuratore Vincenzo Calia, che riaprirà il caso, sulla base delle sue risultanze si spinse ad affermare che «l’esecuzione dell’attentato venne pianificata quando fu certo che Enrico Mattei non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenza dell’ente petrolifero di Stato».
L’onorevole Oronzo Reale ha affermato che il mandante dell’omicidio di Mattei era stato il suo ex braccio destro all’ENI Eugenio Cefis, che pochi mesi prima era stato costretto alle dimissioni dallo stesso Mattei quando questi si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato dalla CIA.
Pochi giorni dopo l’attentato Cefis fu reintegrato nell’ENI come vicepresidente e successivamente ne divenne presidente stesso. Cefis non fu mai incriminato ufficialmente.