16 settembre 1982

16 Settembre 1982

A Sabra e Shatila, due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut (Libano), le milizie cristiane libanesi massacrano un numero imprecisato di arabi palestinesi in un’area direttamente controllata dall’esercito israeliano.

Il giorno prima l’esercito Israeliano aveva sigillato i due campi profughi e posto dei punti di osservazione sui tetti vicini.
Il numero esatto delle vittime non è ancora appurato. Si va dai 460 morti dichiarati dall’esercito libanese che ha indagato sul massacro (cioè un indagine su se stessi)  ai 700-800 morti secondo i servizi segreti israeliani.

“Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi.”

David Lamb, Los Angeles Times del 23 settembre 1982

“Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L’odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l’uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore”

Elaine Carey, Daily Mail del 20 settembre 1982

L’8 Febbraio 1983, un’apposita commissione, la Commissione Kahan, che avrà il compito di indagare sulle responsabilità della strage, conclude che gli esecutori sono le falangi Libanesi di Elie Hobeika e ammette responsabilità indirette del primo ministro israeliano Menachem Begin, del Ministro della Difesa Ariel Sharon, del capo di stato maggiore Rafael Eitan e di altri alti ufficiali. La commissione suggerirà anche che Sharon rassegni le dimissioni e la rimozione di tutti gli ufficiali coinvolti.

Elie Hobeika non verrà mai processato, fu più volte deputato e anche ministro in vari governi libanesi. Morirà il 24 Gennaio 2002 in un attentato, dopo essersi dichiarato disponibile a deporre a un processo belga contro Sharon per crimini di guerra (causa intentata da 40 parenti delle vittime dell’eccidio).


16 Settembre 1973

Victor Jara, cantautore Cileno, viene assassinato all’Estadio Chile dalla repressione di Augusto Pinochet.

È stato un cantautore, musicista, regista teatrale e poeta cileno. Proveniente da famiglia contadina, politicamente impegnato, è divenuto negli anni un riferimento internazionale nel mondo della canzone di protesta e della canzone d’autore, nonché uno degli autori più importanti e conosciuti della Nueva Canción Chilena.

Jara fu, fino alla morte, un militante del Partido Comunista de Chile e membro del comitato centrale delle Juventudes Comunistas de Chile. Oltre ad aver appoggiato politicamente il presidente cileno socialista Salvador Allende, era stato attivo nell’ambito del movimento noto come Nueva Canción Chilena. Il golpe del generale Augusto Pinochet contro il presidente Salvador Allende, che pose fine per molti anni alla democrazia in Cile, lo sorprende all’università. Viene preso prigioniero insieme a numerosi alunni e professori. Lo conducono allo Estadio Nacional de Chile, trasformato in campo di concentramento, poi nel vicino Estadio Chile, un complesso sportivo con un palazzetto dove si praticavano vari sport, e qui rimane prigioniero diversi giorni.

Venne torturato a lungo, colpendogli le mani fino a rompergliele con il calcio di una pistola, per poi schernirlo dicendogli se ora fosse stato capace di suonare. Il 16 settembre (o secondo alcuni il 23) lo finiscono a pistolettate.

Dopo averlo ucciso, i militari cileni non solo proibiscono la vendita dei suoi dischi, ma ordinano la distruzione delle matrici.

«Canto, come mi vieni male
quando devo cantare la paura!
Paura come quella che vivo,
come quella che muoio, paura
di vedermi fra tanti, tanti
momenti dell’infinito
in cui il silenzio e il grido
sono le mete di questo canto.
Quello che vedo non l’ho mai visto.
Ciò che ho sentito e che sento
farà sbocciare il momento…»

(Ultima strofa del testo scritto nello stadio di Santiago del Cile poco prima di essere ucciso, poi tradotta in inglese e musicata da Pete Seeger, con il titolo di Estadio Chile)

Nel 1990 la “Commissione per la Verità e la Riconciliazione” stabilì che Víctor Jara fu assassinato il 16 settembre del 1973 all’Estadio Chile e fatto precipitare in una fratta nei dintorni del Cimitero Metropolitano, che si trova sulla Carretera 5 Sur. Venne poi condotto in una stanza mortuaria come N. N., per essere poi identificato dalla moglie. I resti di Jara giacciono al Cimitero Generale di Santiago, dove la moglie lo fece inumare in un funerale clandestino, prima di espatriare. Dopo la fine della dittatura, la tomba divenne oggetto di omaggi e ufficialmente segnalata.

Il corpo di Jara è stato riesumato nel 2009 e il musicista commemorato con un nuovo funerale; Jara è stato poi sepolto in una tomba interrata vicino a quella precedente, ma molto più visibile, anche se quella vecchia è rimasta al suo posto.

Tra il 2008 e il 2012 furono arrestati e/o incriminati diversi ex militari responsabili dell’omicidio di Víctor Jara: tra di essi l’ufficiale, Edwin Armando Roger Dimter Bianchi – accusato in contumacia, dato che vive a Miami – che lo colpì mortalmente con la pistola, mentre faceva la roulette russa contro le sue vittime, e i soldati che ricevettero da questi l’ordine di finire il cantante con le pistole d’ordinanza.

Nel giugno 2016, si è aperto a Orlando, in Florida (Stati Uniti) il processo contro Pedro Pablo Barrientos Núñez (uno dei suddetti militari), dopo una battaglia legale e politica della vedova di Jara, Joan Turner (88 anni nel 2016). Barrientos, giudicato ai sensi del Torture Victim Protection Act del 1991, fu condannato ad un ingente risarcimento previo riconoscimento della sua responsabilità.

I militari sono tutti accusati di vari crimini contro l’umanità, come torture contro Jara e altri prigionieri, oltre che di omicidio volontario extragiudiziale.

Nel luglio del 2018 è giunto a sentenza il processo con la condanna di otto militari per omicidio e di uno per complicità.