12 Febbraio 1973
Un commando delle BR sequestra Bruno Labate.
A Torino, la mattina, un commando delle BR sequestra il segretario provinciale dei metalmeccanici della CISNAL [il sindacato neofascista, ndr] Bruno Labate, 30 anni.
Alle 9:30, puntuale, Bruno Labate esce da casa, in Via Biamonti 15, nella zona di Borgo Po. Deve recarsi alla sede del sindacato, sull’altra sponda del Po, in centro. Ha percorso soltanto pochi metri quando, all’incrocio con Via Lanfranchi, di fronte al cinema «Ritz d’essai», è raggiunto da due uomini che lo hanno seguito dal momento in cui ha chiuso il portone.
Aggredito, percosso, caricato a forza su un furgone, trasportato in un covo e interrogato per quattro ore (registrate dalle BR che ne utilizzeranno alcuni stralci per un volantino “Guerra ai fascisti nelle fabbriche torinesi”), Labate viene poi rapato, fotografato con un cartello appeso al collo, bendato, “imbavagliato” da un nastro adesivo, ritrasportato e abbandonato legato a un palo dell’illuminazione di fronte all’ingresso della Fiat Mirafiori.
Sul cartello c’è scritto:
Questo è Bruno Labate segretario provinciale della CISNAL pseudo sindacato fascista che i padroni mantengono nelle fabbriche per dividere la classe operaia, per organizzare il crumiraggio, per mettere a segno aggressioni e provocazioni, per infiltrare ogni genere di spie nei reparti. Lo rimettiamo in libertà e senza braghe per sottolineare ad un tempo il ribrezzo che incutono i fascisti e la necessità di colpirli ovunque, duramente, con ogni mezzo fino alla completa liberazione delle nostre fabbriche e dei nostri quartieri. Guerra al fascismo di Andreotti e di Almirante.
Un volantino firmato BR lasciato sul posto in molte copie rivendica la paternità dell’accaduto, e insiste sulla necessità di «organizzare la resistenza proletaria sul terreno della lotta armata».
Quando alla fine del turno di mattina, gli operai escono dalla Mirafiori, si trovano davanti un uomo incatenato, muto e immobile. Gli si fanno intorno, leggono sorpresi il cartello che ha appeso al collo. Ma non osano avvicinarsi.
Due giorni dopo, un altro volantino BR intitolato «Guerra ai fascisti nelle fabbriche torinesi» riproduce l’interrogatorio di Labate sulla consistenza numerica della CISNAL alla Fiat, sulle collusioni tra CISNAL e dirigenza aziendale, su assunzioni preferenziali di segnalati dalla CISNAL e, in generale, sulle violenze fasciste nello stabilimento.
Non lontano dagli stabilimenti FIAT è rintracciata la 1100 «familiare» di color chiaro usata per il rapimento. Sul vetro di un deflettore viene rilevata un’impronta incompleta ma nitida. Viene inviata al gabinetto scientifico dei Carabinieri a Roma, ma non risulta schedata. Pochi giorni più tardi, invece viene il responso dal gabinetto della scuola superiore di PS: è di Paolo Maurizio Ferrari, 28 anni, nato a Modena, residente a Grosseto ma domiciliato a Torino, è ex operaio della Pirelli Bicocca. Le sue impronte sono state schedate l’anno prima in occasione delle indagini sulla morte di Feltrinelli; prima viene sospettato di far parte del gruppo dell’editore, poi di essere un brigatista, poi viene rimesso in libertà dopo quattro giorni.
Da “La notte della Repubblica: la nascita delle Brigate Rosse”
Testi
- Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti.
- Vincenzo Tessandori. BR Imputazione: banda armata. Cronaca e documenti delle Brigate Rosse.
- Giovanni Bianconi, Mi dichiaro prigioniero politico. Storie delle Brigate Rosse.
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