13 Dicembre 1980
Viene diffuso dalle Brigate Rosse il primo comunicato sul rapimento di Giovanni D’Urso.
Nel comunicato diffuso l’indomani insieme a una foto del prigioniero, i terroristi definiscono D’Urso «boia, aguzzino di migliaia di proletari», lo accusano di essere il responsabile di «pratiche di tortura e di annientamento politico-fisico-psichico», e annunciano: «Ora è in un carcere del popolo e verrà sottoposto al giudizio del proletariato, che il porco credeva di poter massacrare impunemente».
Col sequestro D’Urso le Br morettiane sferrano l’offensiva propagandistica contro le carceri speciali, i penitenziari di massima sicurezza che chiamano «infame sistema dei campi di concentramento».
Il brigatista Roberto Buzzati ricostruisce così questa giornata:
«Tornai l’indomani mattina. Verso le 10 Moretti va via, e da allora io non l’ho più visto, anche se so che è rimasto a Roma per redigere i volantini [comunicati, ndr] e gestire politicamente la vicenda. Questo lo riferiva costantemente Senzani. Durante la prigionia i nostri compiti erano i seguenti: io facevo la spesa per tutti e controllavo la zona circostante per rilevare eventuali motivi di allarme. Virginia fungeva da carceriera insieme con Stefano Petrella, che insieme a Senzani conduceva gli interrogatori. Durante tutta la prigionia Virginia e Stefano non hanno mai lasciato l’appartamento: la prima si era messa in pigiama, il secondo aveva indossato una tuta da ginnastica. Senzani invece entrava e usciva, conducendo gli interrogatori e tenendo i rapporti esterni».
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