28 Luglio 1945
New York: un bombardiere B-25 Mitchell si schianta tra il 79º e l’80º piano dell’Empire State Building causando 14 vittime.
L’aereo, guidato dal Colonnello William Francis Smith, è impegnato in una missione di routine e chiede il permesso di atterrare all’aeroporto di Newark; permesso che gli viene negato a causa della spessa nebbia che copre tutta la città di New York. Il controllore di volo gli chiede di dirigersi all’aeroporto del Queens (oggi conosciuto con il nome di “La Guardia”).
Il controllore di volo dice testualmente:
In questo preciso momento non riusciamo nemmeno a vedere la cima dell’Empire State Building.
Il colonnello decide comunque di proseguire, ma si perde quasi immediatamente in mezzo alla nebbia.
Alle 9:40 l’aereo si schianta contro l’Empire State Building, tra il settantottesimo e l’ottantesimo piano, aprendo una voragine di 5/8 metri.
Nell’incidente moriranno 14 persone.
Di seguito un notiziario dell’epoca:
28 Luglio 1943
Nove persone vengono uccise a Reggio Emilia dall’esercito mentre manifestano per la fine della guerra.
La mattina del 28 luglio 1943, a pochi giorni dalla caduta del regime fascista, gli operai delle Officine Meccaniche Reggiane si presentarono regolarmente al lavoro con l’idea di sfilare per le vie cittadine chiedendo la fine della guerra.
Quella manifestazione per la pace si fermò davanti ai cancelli della fabbrica quando l’esercito aprì il fuoco facendo 9 vittime e decine di feriti.
Nove operai, fra i quali una donna incinta, rimangono uccisi
- Antonio Artioli
- Vincenzo Bellocchi
- Eugenio Fava
- Nello Ferretti
- Armando Grisendi
- Gino Menozzi
- Osvaldo Notari
- Domenica Secchi
- Angelo Tanzi
Gli operai avevano dato vita, sfidando le disposizioni estremamente ferree del momento firmate da Badoglio – che proibivano assembramenti oltre le tre persone – a una manifestazione per chiedere la fine della guerra.
Ben poche persone, a Reggio Emilia come nel resto dell’Italia, avevano prestato la giusta attenzione al messaggio che il vecchio Maresciallo, veterano di tutte le campagne italiane dalla Libia alla Grecia, aveva lanciato all’indomani del suo insediamento come Capo del Governo “…la guerra continua a fianco dell’alleato tedesco… gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…”.
L’allora direttore amministrativo delle Reggiane Ferruccio Bellelli, commentando con alcuni suoi dipendenti la nuova situazione politica, consigliò loro di non lasciarsi andare a gesti inconsulti e di fare attenzione, perché i tedeschi e i fascisti rimanevano comunque padroni della situazione e non avrebbero consentito lo scatenarsi di tumulti e manifestazioni.
Convinta che la parte del messaggio che assicurava la continuazione della guerra non fosse che un espediente per poter guadagnare il tempo necessario ad operare lo sganciamento dell’Italia dall’Asse e preparare l’inevitabile armistizio, la popolazione inscenò numerose manifestazioni a favore della pace in tutto il Paese.
Quando in città si sparse la notizia della strage vi furono alcune manifestazioni e scioperi spontanei di protesta, in particolare alla Lombardini. Anche nelle fabbriche di Modena vi furono degli scioperi spontanei: alle Vinacce, alla FIAT Motori, all’OCI-FIAT e all’Orlandi. Gli operai stessi delle O.M.I. tornarono a scioperare il giorno successivo l’eccidio.
Oggi all’ingresso delle Officine, nel luogo ove avvenne l’eccidio, una lapide ricorda gli operai uccisi.
Ho conosciuto questa storia grazie alla Pagina Facebook dell’ANPI Provinciale di Reggio Emilia.
28 Luglio 1943
A Bari un reparto del Regio Esercito, Reali Carabinieri e da militanti fascisti spara contro una manifestazione pacifica di studenti: 20 morti e 38 feriti.
Con la caduta di Mussolini, il 25 luglio 1943, in Bari si sparge la voce dell’imminente liberazione dei detenuti politici del regime, così, organizzato dagli antifascisti locali, il 28 luglio circa 200 persone, la maggior parte studenti ed insegnanti, formano un corteo per reclamare la liberazione dei prigionieri politici, tra cui Tommaso Fiore, Guido Calogero, Franco Sorrentino e Guido De Ruggiero.
Dopo aver percorso alcune strade raggiungono il palazzo della federazione fascista di Bari che è protetto da uno schieramento di soldati, in funzione di ordine pubblico.
La circolare, del 26 luglio, del capo di stato maggiore del governo Badoglio, Roatta, permetteva l’utilizzo della forza e delle armi, da parte dell’esercito, contro ogni manifestazione pubblica.
La milizia fascista, MVSN, non è stata disarmata ed era stata incorporata nell’esercito sotto il generale Armellini. Il corteo giunto davanti alla sede della Federazione Fascista di Bari, in via dell’Arca, avvia una trattativa per la rimozione dei simboli del regime, ma improvvisamente è oggetto di fuoco da parte dei militari e dalle finestre della federazione fascista.
A terra rimasero 20 morti e 38 feriti, che non vengono soccorsi tempestivamente per l’atteggiamento dei militari. Molti dei feriti vengono arrestati e portati in carcere senza ricevere cure.