28 Aprile 1978
Aldo Moro scrive una lunga lettera indirizzata al Partito della Democrazia Cristiana.
Vengono recapitate numerose lettere: a Tullio Ancora, a Giulio Andreotti, a Bettino Craxi, a Renato Dell’Andro, ad Amintore Fanfani, a Pietro Ingrao, a Giovanni Leone, a Riccardo Misasi, a Erminio Pennacchini e a Flaminio Piccoli.
“Dopo la mia lettera comparsa in risposta ad alcune ambigue, disorganiche, ma sostanzialmente negative
posizioni della D.C. sul mio caso, non è accaduto niente. Non che non ci fosse materia da discutere. Ce
n’era tanta. Mancava invece al Partito, al suo segretario, ai suoi esponenti il coraggio civile di aprire un
dibattito sul tema proposto che è quello della salvezza della mia vita e delle condizioni per conseguirla
in un quadro equilibrato. È vero: io sono prigioniero e non sono in uno stato d’animo lieto. Ma non ho
subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia, ho la mia solita
calligrafia. Ma sono, si dice, un altro e non merito di essere preso sul serio. Allora ai miei argomenti
neppure si risponde. E se io faccio l’onesta domanda che si riunisca la direzione o altro organo
costituzionale del partito, perché sono in gioco la vita di un uomo e la sorte della sua famiglia, si
continua invece in degradanti conciliaboli, che significano paura del dibattito, paura della verità, paura
di firmare col proprio nome una condanna a morte.
E devo dire che mi ha profondamente rattristato (non avrei creduto possibile) il fatto che alcuni amici
da Mons. Zama, all’avv. Veronese, a G.B. Scaglia ed altri, senza né conoscere, né immaginare la mia
sofferenza, non disgiunta da lucidità e libertà di spirito, abbiano dubitato dell’autenticità di quello che
andavo sostenendo, come se io scrivessi su dettatura delle Brigate Rosse.
Perché questo avallo alla pretesa mia non autenticità? Ma tra le Brigate Rosse e me non c’è la minima
comunanza di vedute.
E non fa certo identità di vedute la circostanza che io abbia sostenuto sin dall’inizio (e, come ho
dimostrato, molti anni fa) che ritenevo accettabile, come avviene in guerra, uno scambio di prigionieri
politici. E tanto più quando, non scambiando, taluno resta in grave sofferenza, ma vivo, l’altro viene
ucciso. In concreto lo scambio giova (ed è un punto che umilmente mi permetto sottoporre al S.
Padre) non solo a chi è dall’altra parte, ma anche a chi rischia l’uccisione, alla parte non combattente, in
sostanza all’uomo comune come me.
Da che cosa si può dedurre che lo Stato va in rovina, se, una volta tanto, un innocente sopravvive e, a
compenso, altra persona va, invece che in prigione, in esilio? Il discorso è tutto qui. Su questa
posizione, che condanna a morte tutti i prigionieri delle Brigate Rosse (ed è prevedibile ce ne siano) è
arroccato il Governo, è arroccata caparbiamente la D.C., sono arroccati in generale i partiti con qualche
riserva del Partito Socialista, riserva che è augurabile sia chiarita d’urgenza e positivamente, dato che
non c’è tempo da perdere. In una situazione di questo genere, i socialisti potrebbero avere una funzione
decisiva. Ma quando? Guai, Caro Craxi, se una tua iniziativa fallisse.
Vorrei ora tornare un momento indietro con questo ragionamento che fila come filavano i miei
ragionamenti di un tempo.
Bisogna pur ridire a questi ostinati immobilisti della D.C. che in moltissimi casi scambi sono stati fatti
in passato, ovunque, per salvaguardare ostaggi, per salvare vittime innocenti. Ma è tempo di aggiungere
che, senza che almeno la D.C. lo ignorasse, anche la libertà (con l’espatrio) in un numero discreto di
casi è stata concessa a palestinesi, per parare la grave minaccia di ritorsioni e rappresaglie capaci di
arrecare danno rilevante alla comunità. E, si noti, si trattava di minacce serie, temibili, ma non aventi il
grado d’immanenza di quelle che oggi ci occupano. Ma allora il principio era stato accettato. La
necessità di fare uno strappo alla regola della legalità formale (in cambio c’era l’esilio) era stata
riconosciuta. Ci sono testimonianze
ineccepibili, che permetterebbero di dire una parola chiarificatrice. E sia ben chiaro che, provvedendo
in tal modo, come la necessità comportava, non si intendeva certo mancare di riguardo ai paesi amici
interessati, i quali infatti continuarono sempre nei loro amichevoli e fiduciosi rapporti . Tutte queste
cose dove e da chi sono state dette in seno alla D.C.? E’ nella D.C. dove non si affrontano con coraggio
i problemi. E, nel caso che mi riguarda, è la mia condanna a morte, sostanzialmente avvallata dalla D.C.,
la quale arroccata sui suoi discutibili principi, nulla fa per evitare che un uomo, chiunque egli sia, ma poi
un suo esponente di prestigio, un militante fedele, sia condotto a morte. Un uomo che aveva chiuso la
sua carriera con la sincera rinuncia a presiedere il governo, ed è stato letteralmente strappato da
Zaccagnini (e dai suoi amici tanto abilmente calcolatori) dal suo posto di pura riflessione e di studio, per
assumere l’equivoca veste di Presidente del Partito, per il quale non esisteva un adeguato ufficio nel
contesto di Piazza del Gesù. Sono più volte che chiedo a Zaccagnini di collocarsi lui idealmente al
posto ch’egli mi ha obbligato ad occupare. Ma egli si limita a dare assicurazioni al Presidente del
Consiglio che tutto sarà fatto come egli desidera.
E che dire dell’On. Piccoli, il quale ha dichiarato, secondo quanto leggo da qualche parte, che se io mi
trovassi al suo posto (per così dire libero, comodo, a Piazza ad esempio, del Gesù), direi le cose che egli
dice e non quelle che dico stando qui.
Se la situazione non fosse (e mi limito nel dire) così difficile, così drammatica quale essa è, vorrei ben
vedere che cosa direbbe al mio posto l’On. Piccoli. Per parte sua ho detto e documentato che le cose
che dico oggi le ho dette in passato in condizioni del tutto oggettive. E’ possibile che non vi sia una
riunione statutaria e formale, quale che ne sia l’esito? Possibile che non vi siano dei coraggiosi che la
chiedono, come io la chiedo con piena lucidità di mente? Centinaia di parlamentari volevano votare
contro il Governo. Ed ora nessuno si pone un problema di coscienza? E ciò con la comoda scusa che
io sono un prigioniero. Si deprecano i lager, ma come si tratta, civilmente, un prigioniero, che ha solo
un vincolo esterno, ma l’intelletto lucido? Chiedo a Craxi, se questo è giusto. Chiedo al mio partito, ai
tanti fedelissimi delle ore liete, se questo è ammissibile. Se altre riunioni formali non le si vuol fare,
ebbene io ho il potere di convocare per data conveniente e urgente il Consiglio Nazionale avendo per
oggetto il tema circa i modi per rimuovere gli impedimenti del suo Presidente. Così stabilendo, delego a
presiederlo l’On. Riccardo Misasi.
E’ noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro
la morte. In tanti anni e in tante vicende i desideri sono caduti e lo spirito si è purificato. E, pur con le
mie tante colpe, credo di aver vissuto con generosità nascoste e delicate intenzioni. Muoio, se così
deciderà il mio partito, nella pienezza della mia fede cristiana e nell’amore immenso per una famiglia
esemplare che io adoro e spero di vigilare dall’alto dei cieli. Proprio ieri ho letto la tenera lettera di
amore di mia moglie, dei miei figli, dell’amatissimo nipotino, dell’altro che non vedrò. La pietà di chi mi
recava la lettera ha escluso i contorni che dicevano la mia condanna, se non avverrà il miracolo del
ritorno della D.C. a se stessa e la sua assunzione di responsabilità. Ma questo bagno di sangue non
andrà bene né per Zaccagnini, né per Andreotti, né per la D.C., né per il paese. Ciascuno porterà la sua
responsabilità.
Io non desidero intorno a me, lo ripeto, gli uomini del potere. Voglio vicino a me coloro che mi hanno
amato davvero e continueranno ad amarmi e pregare per me. Se tutto questo è deciso, sia fatta la
volontà di Dio. Ma nessun responsabile si nasconda dietro l’adempimento di un presunto dovere. Le
cose saranno chiare, saranno chiare presto.Aldo Moro
“Caro Tullio,
un caro ricordo ed un caloroso abbraccio. Senza perdersi in tante cose importanti, ma ovvie,
concentrati in questo. Ricevo come premio dai comunisti dopo la lunga marcia la condanna a morte.
Non commento. Quel che dico, e che tu dovresti sviluppare di urgenza e con il garbo che non ti manca,
è che si può ancora capire (ma male) un atteggiamento duro del PCI, ma non si capirebbe certo che
esso fosse legato al quadro politico generale la cui definizione è stata così faticosamente raggiunta e che
ora dovrebbe essere ridisegnato. Dicano, se credono, che la loro è una posizione dura e intransigente e
poi la lascino lì come termine di riferimento.
E’ tutto, ma è da fare e persuadere presto.
AffettuosamenteAldo Moro”
“Caro Presidente,
so bene che ormai il problema, nelle sue massime componenti, è nelle tue mani e tu ne porti altissima
responsabilità. Non sto a descriverti la mia condizione e le mie prospettive. Posso solo dirti la mia
certezza che questa nuova fase politica, se comincia con un bagno di sangue e specie in contraddizione
con un chiaro orientamento umanitario dei socialisti, non è apportatrice di bene né per il Paese né per il
Governo. La lacerazione ne resterà insanabile. Nessuna unità nella sequela delle azioni e reazioni sarà
più ricomponibile. Con ciò vorrei invitarti a realizzare quel che si ha da fare nel poco tempo disponibile.
Contare su un logoramento psicologico, perché son certo che tu, nella tua intelligenza, lo escludi,
sarebbe un drammatico errore.
Quando ho concorso alla tua designazione e l’ho tenuta malgrado alcune opposizioni, speravo di darti
un aiuto sostanzioso, onesto e sincero. Quel che posso fare, nelle presenti circostanze, è di
beneaugurare al tuo sforzo e seguirlo con simpatia sulla base di una decisione che esprima il tuo spirito
umanitario, il tuo animo fraterno, il tuo rispetto per la mia disgraziata famiglia.
Quanto ai timori di crisi, a parte la significativa posizione socialista cui non manca di guardare la D.C., è
difficile pensare che il PCI voglia disperdere quello che ha raccolto con tante forzature.
Che Iddio ti illumini e ti benedica e ti faccia tramite dell’unica cosa che conti per me, non la carriera
cioè, ma la famiglia.Grazie e cordialmente tuo
Aldo Moro”
“Caro Craxi,
poiché ho colto, pur tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilità umanitaria del
tuo Partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua
importante iniziativa. E’ da mettere in chiaro che non si tratta di inviti rivolti agli altri a compiere atti di
umanità, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza ad una seria ed equilibrata
trattativa per lo scambio di prigionieri politici. Ho l’impressione che questo o non si sia capito o si
abbia l’aria di non capirlo. La realtà è però questa, urgente, con un respiro minimo. Ogni ora che passa
potrebbe renderla vana ed allora io ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile
sull’unica direzione giusta che non è quella della declamazione. Anche la D.C. sembra non capire. Ti
sarei grato se glielo spiegassi anche tu con l’urgenza che si richiede.
Credi, non c’è un minuto da perdere. E io spero che o al San Rafael o al Partito questo mio scritto ti
trovi. Mi pare tutto un po’ assurdo, ma quello che conta non è spiegare, ma, se si può fare qualcosa, di
farlo.Grazie infinite ed affettuosi saluti
Aldo Moro”
Carissimo Renato
in questo momento così difficile, pur immaginando che tu abbia fatto tutto quello che la coscienza e
l’affetto ti suggerivano, desidero aggiungere delle brevi considerazioni. Ne ho fatto cenno a Piccoli e a
Pennacchini ed ora lo rifaccio a te, che immagino con gli amici direttamente e discretamente presenti
nei dibattiti che si susseguono.
La prima riguarda quella che può sembrare una stranezza e non è e cioè lo scambio dei prigionieri
politici. Invece essa è avvenuta ripetutamente all’estero, ma anche in Italia. Tu forse già conosci
direttamente le vicende dei palestinesi all’epoca più oscura della guerra. Lo scopo di stornare grave
danno minacciato alle persone, ove essa fosse perdurata. Nello spirito si fece ricorso allo stato di
necessità. Il caso è analogo al nostro, anche se la minaccia, in quel caso, pur serissima, era meno
definita. Non si può parlare di novità né di anomalia. La situazione era quella che è oggi e conviene
saperlo per non stupirsi.
Io non penso che si debba fare, per ora, una dichiarazione ufficiale, ma solo parlarne di qua e di là,
intensamente però. Ho scritto a Piccoli e a Pennacchini che è buon testimone. A parte tutte le
invenzioni che voi saprete fare, è utile mostrare una riserva che conduca, in caso di esito negativo, al
coagularsi di voti contrari come furono minacciati da De Carolis e altri, Andreotti che (con il PCI)
guida la linea dura, deve sapere che corre gravi rischi. Valorizzare poi l’umanitarismo socialista, più
congeniale alla D.C. e che ha sempre goduto, e specie in questa legislatura, maggiori simpatie.
Forza, Renato, crea, fai, impegnati con la consueta accortezza. Te ne sarò tanto grato.
Ti abbraccio.Aldo Moro”
“Onorevole Presidente del Senato,
in questo momento estremamente difficile, ritengo mio diritto e dovere, come membro del Parlamento
italiano, di rivolgermi a Lei che ne è, insieme con il Presidente della Camera, il supremo custode. Lo
faccio nello spirito di tanti anni di colleganza parlamentare, per scongiurarla di adoperarsi, nei modi più
opportuni, affinché sia avviata, con le adeguate garanzie, un’equa trattativa umanitaria, che consenta di
procedere ad uno scambio di prigionieri politici ed a me di tornare in seno alla famiglia che ha grave ed
urgente bisogno di me. Lo spirito umanitario che anima il Parlamento ebbe già a manifestarsi in sede di
Costituente, alla quale anche in questo campo ebbi a dare il mio contributo, e si è fatto visibile con
l’abolizione della pena di morte ed in molteplici leggi ed iniziative. D’altra parte non sfuggono alle
Assemblee né i problemi di sicurezza, che però possono essere adeguatamente risolti, né la complessità
del problema politico per il quale non sarebbero sufficienti scelte semplici e riduttive.
Al di là di questa problematica io affido a Lei, signor Presidente, con fiducia ed affetto la mia persona,
nella speranza che tanti anni di stima, amicizia e collaborazione mi valgano un aiuto decisivo, che
ricostituisca il Plenum del Parlamento e che mi dia l’unica gioia che cerco, il ricongiungimento con la
mia amata famiglia.
Con i più sinceri e vivi ringraziamenti, voglia gradire i miei più deferenti saluti.Aldo Moro”
“Onorevole Presidente della Camera,
in questo momento estremamente difficile, ritengo mio diritto e dovere, come membro del Parlamento
italiano, di rivolgermi a Lei che ne è, insieme con il Presidente del Senato, il supremo custode. Lo faccio
nello spirito di tanti anni di colleganza parlamentare, per scongiurarla di adoperarsi, nei modi più
opportuni, affinché sia avviata con le adeguate garanzie, un’equa trattativa umanitaria, che consenta di
procedere ad uno scambio di prigionieri politici ed a me di tornare in seno alla famiglia che ha grave ed
urgente bisogno di me. Lo spirito umanitario che anima il Parlamento ebbe già a manifestarsi in sede di
Costituente, alla quale anche in questo campo ebbi a dare il mio contributo, e si è fatto visibile con
l’abolizione della pena di morte ed in molteplici leggi ed iniziative. D’altra parte non sfuggono alle
Assemblee né i problemi di sicurezza, che possono però essere adeguatamente risolti, né la complessità
del problema politico per il quale non sarebbero sufficienti scelte semplici e riduttive.
Al di là di questa problematica io affido a Lei, Signor Presidente, con fiducia ed affetto la mia persona,
nella speranza che tanti anni di stima, amicizia e collaborazione mi valgano un aiuto decisivo che
ricostituisca il Plenum del Parlamento e che mi dia l’unica gioia che cerco, il ricongiungimento con la
mia amata famiglia. Con i più sinceri e vivi ringraziamenti, voglia gradire i miei più deferenti saluti.Aldo Moro”
“Alla Stampa, da parte di Aldo Moro, con preghiera di cortese urgente trasmissione al suo illustre Destinatario. Molti ringraziamenti
All’On. Prof. Giovanni Leone
Presidente della Repubblica ItalianaFaccio vivo appello, con profonda deferenza, al tuo alto senso di umanità e di giustizia, affinché, d’accordo con il Governo, voglia rendere possibile una equa e umanitaria trattativa per scambio di prigionieri politici, la quale mi consenta di essere restituito alla famiglia, che ha grave e urgente bisogno di me. Le tante forme di solidarietà sperimentate, t’indirizzino per la strada giusta.
Ti ringrazio profondamente e ti saluto con viva cordialitàAldo Moro”
“Carissimo Riccardo,
un grande abbraccio e due parole per dirti che mi attendo, con l’eloquenza ed il vigore che ti sono propri, una tua efficace battaglia a difesa della vita, a difesa dei diritti umani, contro una gretta ragion di Stato. Tu sai che gli argomenti del rigore, in certe situazioni politiche, non servono a nulla. Si tratta di ben altro che dovremmo sforzarci di capire. Se prendi di petto i legalisti, vincerai ancora una volta. Non illudetevi di invocazioni umanitarie. Vorrei poi dirti che, se dovesse passarsi, come ci si augura, ad una fase ulteriore, la tua autorità ed esperienza di Presidente della Commissione Giustizia, dovrebbero essere, oltre che per le cose in generale che interessano, preziose per alcuni temi specifici che tu certo intuisci.
Grazie e tanti affettuosi saluti.Aldo Moro”
“Carissimo Pennacchini,
ho avuto sempre grande stima di te, per tutto, ma soprattutto per la cristallina onestà. È quindi naturale che in un momento drammatico mi rivolga a te per un aiuto prezioso che consiste semplicemente nel dire la verità. Dirla, per ora, ben chiara agli amici parlamentari ed a qualche portavoce qualificato dell’opinione pubblica. Si vedrà poi se ufficializzarla.
Si tratta della nota vicenda dei palestinesi che ci angustiò per tanti anni e che tu, con il mio modesto concorso, riuscisti a disinnescare. L’analogia, anzi l’eguaglianza con il mio doloroso caso, sono evidenti. Semmai in quelle circostanze la minaccia alla vita dei terzi estranei era meno evidente, meno avanzata. Ma il fatto c’era e ad esso si è provveduto secondo le norme dello Stato di necessità, gestite con somma delicatezza. Di fronte alla situazione di oggi non si può dire perciò che essa sia del tutto nuova. Ha precedenti numerosi in Italia e fuori d’Italia ed ha, del resto, evidenti ragioni che sono insite nell’ordinamento giuridico e nella coscienza sociale del Paese. Del resto è chiaro che ai prigionieri politici dell’altra parte viene assegnato un soggiorno obbligato in Stato Terzo.
Ecco, la tua obiettiva ed informata testimonianza, data ampiamente e con la massima urgenza, dovrebbe togliere alla soluzione prospettata quel certo carattere di anomalia che taluno tende ad attribuire ad essa. E’ un intermezzo di guerra o guerriglia che sia, da valutare nel suo significato. Lascio alla tua prudenza di stabilire quali altri protagonisti evocare. Vorrei che comunque Giovannoni fosse su piazza. Ma importante è che tu sia lì, non a fare circolo, ma a parlare serenamente secondo verità. Tra l’altro ricordi quando l’allarme ci giunse in Belgio? Grazie per quanto dirai e farai secondo verità. La famiglia ed io, in tanta parte, dipendiamo da te, dalla tua onestà e pacatezza.
AffettuosamenteAldo Moro”
“Caro Piccoli,
non ti dico tutte le cose che vorrei per brevità e per l’intenso dialogo tra noi che dura da anni. Ho fiducia nella tua saggezza e nel tuo realismo, unica antitesi ad un predominio oggi, se non bilanciato, pericoloso. So che non ti farai complice di un’operazione che, oltretutto, distruggerebbe la D.C. Non mi dilungo, perché so che tu capisci queste cose. Aggiungo qualche osservazione per il dibattito interno che spero abbia giuste proporzioni e sia da te responsabilmente guidato. La prima osservazione da fare è che si tratta di una cosa che si ripete come si ripetono nella vita gli stati di necessità. Se n’è parlato meno di ora, ma abbastanza, perché si sappia come sono andate le cose. E tu, che sai tutto, ne sei certo informato.
Ma, per tua tranquillità e per diffondere in giro tranquillità, senza fare ora almeno dichiarazioni ufficiali, puoi chiamarti subito Pennacchini che sa tutto (nei dettagli più di me) ed è persona delicata e precisa. Poi c’è Miceli e, se è in Italia (e sarebbe bene da ogni punto di vista farlo venire) il Col. Giovannoni, che Cossiga stima. Dunque, non una, ma più volte, furono liberati con meccanismi vari palestinesi detenuti ed anche condannati, allo scopo di stornare gravi rappresaglie che sarebbero poi state poste in essere, se fosse continuata la detenzione. La minaccia era seria, credibile, anche se meno pienamente apprestata che nel caso nostro. Lo stato di necessità è in entrambi evidente.
Uguale il vantaggio dei liberati, ovviamente trasferiti in Paesi Terzi. Ma su tutto questo fenomeno politico vorrei intrattenermi con te, che sei l’unico cui si possa parlare a dovuto livello. Che Iddio lo renda possibile.
Naturalmente comprendo tutte le difficoltà. Ma qui occorrono non sotterfugi, ma atti di coraggio. Dopo un po’ l’opinione pubblica capisce, pur che sia guidata. In realtà qui l’ostacolo è l’intransigenza del partito comunista che sembra una garanzia.
Credo sarebbe prudente guardare più a fondo le cose, tenuto conto del più duttile atteggiamento socialista cui fino a due mesi fa andavano le nostre simpatie. Forse i comunisti vogliono restare soli a difendere l’autorità dello Stato o vogliono di più. Ma la D.C. non ci può stare. Perché nel nostro impasto (chiamalo come vuoi) c’è una irriducibile umanità e pietà: una scelta a favore della durezza comunista contro l’umanitarismo socialista sarebbe contro natura. Importante è convincere Andreotti che non sta seguendo la strada vincente. E’ probabile che si costituisca un blocco di oppositori intransigenti. Conviene trattare.
Grazie e affettuosamenteAldo Moro”
Testi
- Gianluca Garelli e Augusto Cherchi, 55 Giorni Aldo Moro – Voci e carte dalla prigione
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