14 Agosto 1945

Si conclude la seconda guerra mondiale; l’Impero giapponese si arrende dopo che l’Unione Sovietica ha invaso la Manciuria e gli Stati Uniti hanno devastato Nagasaki e Hiroshima con le bombe atomiche.

All’alba del 14 agosto lo stato maggiore del Giappone si rese conto che il giorno sarebbe terminato con l’accettazione dei termini di resa americani o con un colpo di stato dei militari. L’Imperatore incontra la maggior parte dei capi dell’Esercito e della Marina. Mentre molti sono ancora a favore di combattere, il generale Shunroku Hata non lo è. Come comandante della 2ª Armata Generale, il cui quartier generale è ad Hiroshima, Hata comanda tutte le truppe difendenti il sud del Giappone – le truppe si preparano a combattere la “battaglia decisiva”. Hata dice di credere di non poter sconfiggere un’invasione e di non discutere la decisione dell’Imperatore. Quest’ultimo, infine, chiede ai suoi leader militari di cooperare con lui nella conclusione della guerra.

In una conferenza con il gabinetto ed altri consiglieri, Anami, Toyoda e Umezu faranno ancora un ultimo tentativo di continuare i combattimenti, dopo i quali l’Imperatore dice:

«Ho ascoltato con attenzione ognuno degli argomenti presentati in opposizione alla visione che il Giappone dovrebbe accettare la replica degli Alleati come sta e senza ulteriore chiarificazione o modifiche, ma i miei stessi pensieri non hanno subito cambiamenti. […] In modo che il popolo possa conoscere la mia decisione, ho chiesto a voi di preparare, per una volta, un rescritto imperiale cosicché possa divulgarlo alla nazione. Infine, chiamo ognuno di tutti voi di impiegare voi stessi al massimo in modo che possiamo affrontare i giorni travagliati che ci attendono.[106]»

Il gabinetto conviene immediatamente e all’unanimità ratifica le volontà dell’Imperatore. Decidono inoltre di distruggere gran parte del materiale pertinente ai fatti relativi a crimini di guerra e alla responsabilità della guerra degli alti ranghi della nazione. Subito dopo la conferenza, il Ministero degli Esteri trasmette gli ordini alle sue ambasciate in Svizzera e Svezia di accettare i termini Alleati di resa. Questi ordini vengono intercettati e ricevuti a Washington alle 02:49 del 14 agosto. Il testo del Rescritto Imperiale della resa verrà completato e trascritto dalla corte ufficiale calligrafica e portato al gabinetto per l’approvazione. Circa alle 23:00, l’Imperatore, con l’aiuto di un tecnico dell’NHK, farà una registrazione al grammofono mentre legge il documento. La registrazione viene consegnata al ciambellano di corte, Yoshihiro Tokugawa, che lo nasconde in un armadio dell’ufficio della segreteria dell’imperatrice.

A mezzogiorno del 15 agosto, ora locale, viene trasmesso il discorso alla nazione registrato dall’Imperatore (passato alla storia come Gyokuon-hōsō (玉音放送? letteralmente “Trasmissione della voce del Gioiello”)) mentre leggeva il Rescritto Imperiale sulla terminazione della guerra:

«[…] Nonostante siano stati fatti i migliori tentativi – il valoroso combattimento delle forze navali e militari, la diligenza e assiduità dei Nostri servi dello Stato e il devoto servizio dei Nostri cento milioni di compatrioti – la situazione bellica non si è sviluppata a vantaggio del Giappone e il corso mondiale si è voltato contro i nostri interessi.

Ancor di più, il nemico ha cominciato a sviluppare una nuova e molto più disastrosa bomba, il cui potere di distruzione è, realmente, incalcolabile e in grado di togliere molte vite innocenti. Se dovessimo continuare a combattere, non ne risulterebbe che un completo collasso e una cancellazione della nazione giapponese e si condurrebbe anche alla totale estinzione della civiltà umana.

Essendo tale il nostro caso, dobbiamo prima salvare i milioni di Nostri servitori o espiare le Nostre colpe fino al perdono dei Nostri Avi Imperiali? Questa è la ragione per cui Noi abbiamo ordinato di accettare le richieste della Dichiarazione Congiunta delle Potenze.

Le difficoltà e sofferenze a cui la Nostra nazione sarà soggetta di qui a poco sarà certamente grande. Siamo consapevoli dei più intimi sentimenti di tutti voi, Nostri servitori. Tuttavia, è in base allo scorrere del tempo e del fato che abbiamo deciso di aprire la strada ad una grande pace per tutte le generazioni a venire, sopportando l’insopportabile e soffrendo l’insoffribile.»

L’atto di resa verrà ufficialmente firmato solo il 2 settembre dai delegati delle forze armate giapponesi e dai rappresentanti delle nazioni vincitrici a bordo della USS Missouri ancorata nella baia di Tokyo, ponendo definitivamente termine ai combattimenti nel fronte del Pacifico della seconda guerra mondiale.


14 Agosto 1944

Irma Bandiera, partigiana bolognese, viene uccisa dopo giorni di torture dai fascisti.

Irma Bandiera nasce nel 1915 in una famiglia bolognese senza problemi economici: il padre è capomastro edile, durante la dittatura si avvicina all’antifascisimo.

Il fidanzato di Irma, militare, dopo l’8 Settembre viene imprigionato dai tedeschi sull’Isola di Creta e trasferito in Germania, ma la sua nave affonda nel porto del Pireo e lui viene dichiarato disperso.

Irma Bandiera inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e ad interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista. Irma entra quindi nella Resistenza, al tempo molto attiva nella bassa bolognese, con il nome di battaglia “Mimma” nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna.

Il 5 agosto 1944 i partigiani uccidono un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere, il che scatena il giorno successivo la rappresaglia a Funo. Tre partigiani vengono arrestati e portati alle scuole di San Giorgio di Piano.

Il 7 agosto 1944 Irma Bandiera aveva trasportato delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. La sera del 7 agosto Irma Bandiera è arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due partigiani. Rinchiusa alle scuole di San Giorgio, ma separata dai compagni, è quindi tradotta a Bologna, dove i fascisti sperano di ottenere da lei altre informazioni sulla Resistenza.

Per sei giorni e sei notti Irma viene ferocemente seviziata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti, che arrivano ad accecarla con una baionetta, ma Irma resiste senza parlare, preservando così i suoi compagni partigiani. Secondo Renata Viganò, “la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si chiamava Irma Bandiera”.

I fascisti la fucilano infine con alcuni colpi di pistola a bruciapelo al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto.

Il corpo di Irma verrà ritrovato lo stesso giorno sul selciato vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario, dove i suoi aguzzini l’avevano lasciata in vista per una intera giornata, a monito. Verrà quindi portata all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, amico della Resistenza, scatterà le foto del viso devastato dalle torture. Irma infine verrà sepolta nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, accompagnata dai familiari e qualche amica.

In suo onore, nell’estate del 1944, una formazione di partigiani operanti a Bologna prenderà il nome Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”. A lei verrà inoltre intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che opererà nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).

Ho dedicato una puntata della seconda stagione di Se un ribelle spento a Irma Bandiera; la potete ascoltare anche qui: