11 Novembre 1999

11 Novembre 1999

26 Appartamenti di un palazzo di viale Giotto a Foggia costruito verso la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta, crollano nella notte tra il 10 e l’11 novembre 1999 quando l’orologio segna le 3.12. Diciannove secondi di terrore, tanto bastano per provocare la morte di 67 persone.

Si scavò tutta la notte e nei giorni successivi, tra i pianti e la speranza di poter estrarre qualcuno vivo dalle macerie. Centinaia tra cittadini, volontari, sanitari del 118, vigili del fuoco, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, si recarono sul luogo della tragedia e toccarono con mano il dolore, immenso. Dopo i bombardamenti del 43, fu quello il giorno più triste per la comunità foggiana.

Per le cause del crollo dello stabile verranno avanzate numerose ipotesi. Quelle relative ad un’esplosione dovuta a una fuga di gas verranno abbandonate rapidamente. Si porrà poi l’attenzione sui lavori di ampliamento del garage sotterraneo, supponendo che durante le opere edili sarebbero stati danneggiati o rimossi dei pilastri portanti, il tutto combinato con le abbondanti piogge dei giorni precedenti il disastro e con le condizioni geologiche del terreno che avrebbero reso insicura la struttura.

Alcuni parenti delle vittime dichiareranno che fin dall’agosto precedente si erano sentiti scricchiolii e rumori nella struttura, e che erano stati frequentemente notati disallineamenti nelle porte e nelle finestre; ma le prime notizie di possibili pericoli strutturali risalivano a due anni prima della tragedia, e avevano portato ad un’ispezione tecnica che però non aveva dato risultati.

La causa definitiva verrà individuata nella scorretta esecuzione dei lavori di costruzione dello stabile e nella cattiva qualità dei materiali utilizzati, come calcestruzzo povero di cemento. Lo stabile era stato costruito negli anni del boom economico, vale a dire il periodo in cui l’Italia stava vivendo una rapida espansione delle città e dell’industria e durante il quale la ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale era ancora in corso. L’enorme domanda abitativa aveva fatto proliferare i costruttori inesperti, con i relativi abbassamenti dei costi dovuti alla qualità dei materiali e alle tecniche di armatura in modo da restare competitivi. Secondo i periti il palazzo aveva pilastri costituiti per il 60 per cento di sabbia. Il rilascio facilitato di concessioni edilizie a due contadini prestanome e in assenza dei necessari controlli di qualità hanno concorso in una associazione di concause illegali.

I costruttori dello stabile erano i fratelli Raffaele e Antonio Delli Carri, che vivevano in un attico all’ultimo piano dello stabile; entrambi perirono nel disastro. Il progettista dello stabile, l’ing. Mario Inglese, era morto alcuni anni prima del crollo.

L’inchiesta verrà ufficialmente chiusa il 21 marzo 2007 e confermerà che le cause del disastro risiedono esclusivamente nella cattiva qualità dei materiali utilizzati per l’armatura strutturale, forniti da una ditta di calcestruzzi che fornì un calcestruzzo dei peggiori mai analizzati, con mischiata immondizia.