Italia d’oro
Vedo Pierangelo Bertoli a quel Sanremo del 1992. Solo in mezzo al palco, seduto sulla sua sedia a rotelle su cui è confinato fin dall’età di tre anni dalla polio mentre guarda il pubblico, curioso di sapere cosa avrebbero pensato di quella esibizione. Il direttore alla sua destra fa partire l’orchestra RAI, composta per lo più da violini, alla sua sinistra il fisarmonicista. Lui impugna il ferro della sua sedia, lo stringe e chiude gli occhi.
Racconteranno che adesso è più facile, che la giustizia si rafforzerà. Che la ragione “Servire il più forte” è un calcio in culo all’umanità
Inspira forte, le spalle si scuotono all’indietro. Ogni presa di fiato è un passo coraggioso verso la denuncia della morte della Prima Repubblica. Il direttore artistico Adriano Aragozzini non sa come inquadrarlo, così in basso rispetto a tutto quello che lo circonda. E allora sono primi piani a non finire, a immortalare la faccia sofferente della verità.
Mani Pulite era scattata 9 giorni prima, il 17 Febbraio, anche se ancora non si chiamava così. Antonio Di Pietro aveva chiesto ed ottenuto il mandato di cattura per Mario Chiesa, colto in flagrante mentre intascava una tangente dall’imprenditore Luca Magni.
E’ sbalorditivo che Pierangelo Bertoli già descrivesse la situazione politica con quella chiarezza visionaria, con quella forza profetica. Mi viene in mente Pasolini, quando nell’articolo di Scritti Corsari afferma che
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.
Sicuramente quest’uomo di Sassuolo, cantautore, dal corpo modellato dalla malattia, è un intellettuale. Uno scrittore. Un artista.
Era la morte della prima repubblica, il requiem, il canto del cigno. E c’era tutto, la corruzione, la crisi economica, la povertà, le bombe della mafia che avrebbero stroncato Falcone e Borsellino restando impuniti.
Sono contento che Pierangelo Bertoli sia morto, oggi. Che sia stato deluso solo per i primi due governi di Berlusconi. Perché la sua speranza era di “stare ancora tra gli uomini”, che “l’ignoranza non la spuntasse”. Che “avremmo smesso di essere complici”. E invece la soluzione che il popolo italiano, democraticamente, ha opposto a Mani Pulite, è stata di eleggere Silvio Berlusconi praticamente per vent’anni. Quanta delusione. L’Italia d’oro frutto del lavoro e cinta dall’alloro è stata stuprata più volte da questa vecchia vivandiera, come in uno strapon suicida, con il tricolore infilato in gola per non farla urlare. In modo che nessuno sentisse, che nessuno intervenisse. Che nemmeno se ne accorgesse.
Siamo rimasti noi, a dimenticarci la profezia di Bertoli. Che parlava di bombe, di omicidi. Di stragi di Stato. E non è cambiato un cazzo, le cose sono pure peggiorate. Qui il potere detta le regole, la voce della libertà è talmente sepolta che chi alza la voce ed esprime un’opinione è un violento, come chi scende in piazza, come chi manifesta pacificamente.
Qui continuano a parlarci di lacrime, dei risultati di una povertà che hanno causato loro e che noi dobbiamo continuare a pagare in eterno, finché abbiamo vita, per permettere loro di abbuffarsi alla tavola che poggia sulle nostre schiene, a sporcarsi di sugo impeccabili doppipetto, a rigurgitare bava come su un triclinio romano.
Vedo Pierangelo continuare a cantare, sempre più sudato, sempre più convinto, fino alla speranza finale. Lo vedo dirci
Sopra le strade viaggiate dai deboli la nostra guerra non si spegnerà
Hai ragione, fratello. Qualunque cosa accada la nostra guerra continua. Che sia quella ideale di creare un mondo migliore oppure quella più immediata di continuare a sopravvivere. Non molleremo, nonostante tutto, nonostante questa Italia Nera, nonostante l’ennesima stagione di tangenti, dei boss tutti liberi, di una bomba o un proiettile di Stato scoppiato in una qualsiasi città, come 12 anni fa a Genova.
Anche io spero di stare fra gli uomini, quando smetteremo di essere complici. Quando sconfiggeremo l’ignoranza. Quando mi sveglierò e dalla finestra vedrò le fiamme di una rivolta. Quando cambieremo davvero chi deciderà, quando saremo noi, senza più ignoranza, a decidere.
E cammineremo per le strade come dipinti da Giuseppe Pellizza da Volpedo, e forse saremo la Quarta Repubblica e non il Quarto Stato, a cantare
Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa… Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa…
Fratello, quando hai smesso di cantare sul palco dell’Ariston, il pubblico sarebbe dovuto rimanere 1 secondo e mezzo in silenzio e poi esplodere in una standing ovation da 10 minuti. Ma si sa. Gli italiani non amano i grandi Italiani.
Italia d’oro
Pierangelo Bertoli
Testo de “L’Italia d’oro”
Racconteranno che adesso è più facile
che la giustizia si rafforzerà
che la ragione “servire il più forte”
è un calcio in culo all’umanità
Ditemi ora se tutto è mutevole
se il criminale fu chi assassinò
poi l’interesse così prepotente che conta solo chi più sterminò
Romba il potere che detta le regole
cade la voce della libertà
mentre sui conti dei lupi economici
non resta il sangue di chi pagherà
Italia d’oro frutto del lavoro cinta dall’alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Tutto si perde in un suono di missili
mentre altri spari risuonano già
sopra alle strade viaggiate dai deboli
la nostra guerra non si spegnerà
E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà
delle tangenti e dei boss tutti liberi
di un’altra bomba scoppiata in città
Spero soltanto di stare tra gli uomini
che l’ignoranza non la spunterà
che smetteremo di essere complici
che cambieremo chi deciderà
Italia d’oro frutto del lavoro cinta dall’alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta
dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta
dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa