19 settembre 1943

19 Settembre 1943

Lo Sturmbannführer Joachim Peiper dell’esercito tedesco massacra come rappresaglia 32 persone del paese di Boves, in provincia di Cuneo. È il primo eccidio di Boves.

Una volta avvenuto lo sbarco degli alleati in Sicilia, Mussolini viene arrestato, ed il governo è assegnato al generale Pietro Badoglio, il quale firma l’armistizio con gli angloamericani rendendolo noto l’8 settembre 1943, lasciando però le forze militari italiane senza alcuna precisa istruzione sul come comportarsi,da quel momento in poi, con i tedeschi e con gli alleati.
I soldati italiani sono allo sbando, ed i nazisti ne approfittano per prendere possesso di tutti i territori italiani non ancora in mano agli alleati.

Nel paese di Boves, situato in provincia di Cuneo, si costituisce una delle prime formazioni partigiane italiane: un reparto di militari italiani, comandati dall’ufficiale Ignazio Vian, dopo l’8 settembre, si rifugia sulle montagne ed inizia una azione di resistenza contro le truppe tedesche.

Per caso un giorno un gruppo di partigiani sceso in paese a far provviste si imbatte in una macchina con a bordo due soldati tedeschi, catturandoli senza troppe difficoltà e conducendoli prigionieri in montagna. I due facevano parte della divisione SS Leibstandarte “Adolf Hitler”, che risponde qualche giorno dopo attaccando le postazioni partigiane. Nello scontro muore un soldato tedesco, il cui corpo viene abbandonato dai compagni in ritirata.

Le SS, comandate dall’Oberführer Theodor Wisch e dal Sturmbannführer Joachim Peiper, occupano allora Boves, e convocano immediatamente il parroco e il commissario della prefettura. A questi ultimi intimano di organizzare un’ambasceria presso i partigiani, chiedendo la restituzione degli ostaggi, pena la rappresaglia su Boves.

Il parroco chiede al comandante tedesco di scrivere su un pezzo di carta che avrebbe risparmiato il paese se l’ambasceria fosse andata a buon fine. Ma il comandante risponde che non ce ne era bisogno e che la parola di un tedesco valeva più di mille firme di un italiano.

Con una macchina ed una bandiera bianca il parroco e il commissario risalgono la valle, superando vari posti di blocco tedeschi, fino a raggiungere il paesello divenuto base dei partigiani. Dopo una lunga trattativa, pur col dubbio di cedere l’unica garanzia contro la rappresaglia tedesca, i partigiani riconsegnano gli ostaggi con tutta l’attrezzatura e anche la loro macchina.

Al ritorno in paese del parroco e del commissario con i due ostaggi e, tra l’altro, il corpo del tedesco caduto in battaglia, le SS danno inizio all’eccidio. A Boves molti sono fuggiti, in campagna, nelle ore e nei giorni precedenti, è rimasto principalmente chi non era in grado: vecchi, invalidi. Le SS incendiano il paese, circa 350 case la cifra ufficiale, e massacrano 32 persone compresi il parroco ed il commissario della prefettura, i quali, addirittura, vengono bruciati vivi.

Quello di Boves è stato uno dei primissimi episodi del sistema repressivo tedesco che prevedeva azioni contro la popolazione civile in risposta alle azioni partigiane e dei militari italiani.