15 Dicembre 1969
Morte di Giuseppe Pinelli
Dopo la Strage di Piazza Fontana il 12 Dicembre 1969, la polizia ferma 84 sospetti, praticamente tutti anarchici già schedati dall’ufficio politico. Uno di questi era Giuseppe Pinelli, invitato dal commissario Luigi Calabresi a precedere la volante della polizia in questura con il suo motorino.
Tre giorni dopo, il 15 Dicembre 1969, Pinelli era ancora in questura, nonostante fossero scadute le 48 ore di fermo mai convalidate da un magistrato.
Viene sottoposto a interrogatorio da Antonino Allegra, Luigi Calabresi e da quattro sottufficiali dalla polizia in forza all’ufficio politico: gli agenti Vito Panessa, Giuseppe Caracuta, Carlo Mainardi, Pietro Mucilli, ed un ufficiale dei carabinieri (in realtà era un agente del Sisdi, tenente Savino Lograno).
All’improvviso, senza motivo apparente, Pinelli precipita dalla finestra dell’ufficio dove sta avvenendo l’interrogatorio, al quarto piano del palazzo della Questura.
Viene portato all’ospedale Fatebenefratelli, ma ci arriva già morto.
La prima versione data dal questore Marcello Guida nella conferenza stampa convocata poco dopo la morte dell’anarchico, a cui partecipano anche il responsabile dell’ufficio politico della questura dott. Antonino Allegra ed il Commissario Calabresi, è di suicidio:
“Improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto”
La motivazione del suicidio è che il suo alibi si è rivelato falso, versione che verrà ritrattata dalla polizia quando il suo alibi si rivelerà invece credibili.
In base all’articolo 13 della Costutuzione Pinelli non avrebbe potuto essere trattenuto in questura oltre le 48 ore, visto che nessuna autorità giudiziaria aveva convalidato il fermo.
Il giorno successivo, 16 dicembre, in seguito alla comparsa di un testimone, un tassista, viene arrestato Pietro Valpreda, altro anarchico, con l’accusa di essere il responsabile della Strage di Piazza Fontana. Sarà poi giudicato innocente.
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