2 Ottobre 1979
I brigatisti detenuti all’Asinara organizzano una feroce rivolta.
A settembre viene arrestato Gallinari con in tasca una mappa dell’isola e dei chiari riferimenti all’evasione dei brigatisti detenuti. D conseguenza, nel carcere scatta una mastodontica perquisizione che coglie di sorpresa i brigatisti, che nel frattempo in preparazione della fuga avevano stivato armi all’interno del carcere.
Da quel momento il clima in carcere cambia radicalmente: regime rigorosissimo, isolamento totale, nessuna
attività in comune, silenzio assoluto degli agenti di custodia.
La scoperta del piano di fuga dall’Asinara, seguito dal giro di vite all’interno del penitenziario, induce i brigatisti detenuti a una disperata ribellione collettiva. La rivolta scoppia il 2 ottobre, ed è particolarmente cruenta: si protrae per ore, e termina con la completa distruzione della sezione speciale di Fornelli.
Poco dopo l’Amministrazione penitenziaria deciderà di procedere, gradualmente, alla chiusura del vecchio penitenziario devastato durante la rivolta.
Ricorda Alfredo Bonavita:
«Noi del gruppo storico (Curcio, Franceschini, Bonavita, Ferrari, Mantovani, Ognibene, Bassi, Bertolazzi, Basone, Parali, Isa, Lintra-mi) eravamo in una posizione di durissime critiche rispetto alla gestione dell’organizzazione nella quale prevaleva la linea militarista che veniva identificata nel Moretti. La critica divenne sempre più aspra fino ad acuirsi con il sequestro Moro e la gestione politica susseguente… Si creò un acceso dibattito nell’organizzazione tra i compagni più periferici che condividevano la linea di massa affermata dal gruppo storico, e le strutture di direzione dell’organizzazione che sostenevano una linea più militarizzata. La contraddizione più grossa esplose a Milano, dove i compagni delle Br costrinsero alle dimissioni altri compagni della direzione di colonna, probabilmente Moretti e Balzerani; li accusavano di aver falsificato la posizione dei compagni prigionieri… I compagni di Milano lamentavano anche che nella organizzazione c’era una gestione verticistica, nel senso che alcune persone avevano un potere enorme e lo gestivano senza alcuna democrazia»
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