Recensione de Il figlio di Philipp Meyer
Il figlio è un romanzo di Philipp Meyer pubblicato da Einaudi nel 2015.
Il figlio è la storia degli Stati Uniti, nel passaggio dalla frontiera che sa più di western fino al boom economico degli anni Sessanta.
La vicenda si snoda su tre personaggi appartenenti tutti alla stessa famiglia in generazioni diverse: Eli, leggendario capostipite chiamato “Il colonnello”, suo figlio Peter e la pronipote Jeanne Ann. La narrazione salta continuamente da un personaggio all’altro, da un periodo storico all’altro, senza mai far smarrire il lettore.
La cultura dei nativi americani e lo scontro con la cosiddetta civiltà, l’allevamento, l’agricoltura e il petrolio sono alla base della narrazione e della storia del Texas e Philipp Meyer ci mostra la sua evoluzione, comparando gli stessi luoghi nell’arco di un centinaio di anni.
Anche lo stile cambia a seconda del personaggio: in terza persona per narrare le vicende di Eli, rapito giovanissimo tra i comanche e cresciuto come loro; in forma di diario per parlare di Peter, figlio di Eli, e per narrarci i dubbi di un uomo che si sente estraneo alla legge del più forte e mai all’altezza delle imprese del leggendario capostipite della famiglia; in prima persona invece Jeanne Anne ci racconta la sua vita e i suoi deliri nel momento della vecchiaia, quando si tirano le somme e si fa il bilancio della propria esistenza tra fantasmi, successi e fallimenti.
Un romanzo ottimamente scritto, che a seconda dei personaggi e della narrazione è romanzo d’avventura, un western, un romanzo storico, un romanzo di formazione. Senza mai perdere il filo della narrazione e l’obiettivo che si è prefissato l’autore: dare uno spaccato cronologico della storia del Texas e dei suoi abitanti.
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