20 Ottobre 1975
A Milano viene arrestato dai vigili urbani Giovanni Battista Miagostovich.
Mancano pochi minuti alle 8. La pattuglia motorizzata “Delta 2” dei vigili urbani, composta dalla guardie Francesco Rignanese, Vincenzo Gargiulo ed Enrico Rosio, blocca verso piazza Argentina una 128 che ha imboccato un senso vietato. Ai vigili l’automobilista, giovane, paffuto, sorridente, mostra una patente che appare “grossolonamente contraffatta”: sul bollo, dell’anno precedente, la data è corretta a pennarello. Pochi minuti dopo, dalla centrale, arriva la notizia che il documento fa parte di uno stock rubato, il 2 Settembre 1973, all’ispettorato della motorizzazione di Cremona. Lo sconosciuto è invitato a salire sull’autoradio per essere portato al comando. Obbedisce, ma dopo alcuni minuti di viaggio in mezzo al traffico, in Via Palestro, davanti alla villa reale, estrae dalla cintola una pistola calibro 7,65. «Adesso basta. Fatemi scendere». Spalanca la portiera e scappa a piedi. I vigili si gettano all’inseguimento, ma il fuggitivo comincia a sparare. Davanti all’ingresso del giardino zoologico c’è un fitto scambio di colpi, un proiettile ferisce in modo non grave, il brigatista.
«Mi considero prigioniero politico, mi appello alla convenzione di Ginevra» sono le uniche parole che dice. Sulla 128 viene trovata una valigetta colma di documenti giudicati dagli inquirienti «assai interessanti»: copie del volantino sulla rapina all’ospedale maggiore di Genova; sull’aggressione all’avvocato De Carolis; schede di «Iniziativa democratica» sottratte nello studio del capogruppo DC; una copia di «Lotta armata per il comunismo», redatto dalle bierre. Inoltre: schede di esponenti politici, mazzette di banconote da mille lire; un fazzoletto macchiato di sangue. La targa dell’auto è «rigenerata». Il nome del giovane non dice troppo: Giovanni Battista Miagostovich, 23 anni, veneziano: fino a Giugno ha abitato a Milano in Via Mogadiscio 2, poi, secondo gli inquirenti, è entrato in clandestinità. L’ultima apparizione pubblica sarebbe stata alla marcia Torino-Fossano per la liberazione di Lazagna. Figlio di un dirigente industriale, ha un «passato politico» limitato: a suo nome, in questura, c’è uno smilzo fascicolo. Anni prima era stato identificato durante un’occupazione all’istituto tecnico «Feltrinelli» di cui era studente. Pochi giorni dopo l’avvocato De Carolis riconosce come suoi alcuni documenti trovati nella ventiquattrore del giovane: Miagostovich, inoltre, è sospettato dell’irruzione alla Cassa di Risparmio all’ospedale San Martino di Genova: le lenti trovate sul posto dopo la sparatoria gli apparterrebbero. Sostiene la polizia: «È legato al gruppo di cui faceva parte anche Paola Besuschio».
- Vincenzo Tessandori. BR Imputazione: banda armata. Cronaca e documenti delle Brigate Rosse.
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