22 Marzo 1976
I carabinieri arrestano Giorgio Semeria.
Ore 21:30. Il rapido Venezia-Torino spunta in perfetto orario in fondo al binario 8 della Stazione Centrale di Milano. Sulle pensiline c’è agitazione, uomini armati, alcuni indossano corpetti antiproiettile. Alla spicciolata vanno incontro al treno che avanza lento. Prima dell’arresto del convoglio, uno sportello si apre dalla parte del marciapiede bagagli, un uomo balza a terra, ma subito due carabinieri gli sono ai fianchi: il capitano Francesco Delfino, di Brescia, e il brigadiere Pietro Aztori del gruppo speciale che impugna una pistola.
«Fermo, sei Giorgio Semeria. Ti abbiamo riconosciuto».
Il giovane ha uno scatto, tenta la fuga, ma l’ufficiale lo afferra alle spalle. Bloccarlo, però, non è facile. Si divincola, gli inquirenti diranno che ha tentato di puntare la pistola dall’interno della tasca e sparare. Il sottufficiale preme il grilletto e il brigatista è colpito al torace, il proiettile passato fra carotide e aorta fuoriesce sotto la scapola.
Diranno i carabinieri:
«Lui ha cacciato una mano in tasca, si è intravista la sagoma di un’arma: l’ha puntata contro il brigadiere. Avrebbe sparato.
L’arma, una Smith and Wesson calibro 38, sarebbe stata nella tasca destra: al contrario, c’erano soltanto un paio di occhiali da vista di ricambio mentre il giovane avrebbe tenuto la rivoltella sotto la cintura. Il sottufficiale Pietro Aztori (che è in contatto con il brigatista-informatore Francesco Marra) che ha sparato finirà sotto inchiesta.
In questo momento Semeria è l’unico componente del nucleo storico [delle Br] ancora in libertà, impegnato a contrastare la svolta “guerrigliera” di Moretti.
Franceschini qualche anno dopo ricostruirà così l’arresto di Semeria:
«Fecero alzare le mani a Semeria sopra la testa e il maresciallo Atzori gli sparò un colpo sotto l’ascella con una calibro 22 munita di silenziatore. Giorgio cadde su una panchina, agonizzante. I carabinieri restarono a guardare, forse aspettavano che morisse. Ma Giorgio non moriva: il proiettile gli aveva trapassato un solo polmone, poi un osso lo aveva deviato impedendogli di forare anche l’altro polmone. La gente non capiva perché i carabinieri se ne stessero ll a osservare, con le mani in mano, un uomo agonizzante. Molti cominciarono a protestare, chiedendo che venisse chiamata un’ambulanza. Semeria venne finalmente trasportato al Pronto soccorso.»
L’ex brigatista Michele Galati testimonierà che in carcere
«Semeria aveva una fissazione su Moretti, al quale attribuiva la responsabilità del suo arresto… Lui [ripeteva] che il vero problema era Mario Moretti».
Secondo Franceschini, in carcere Semeria supportava i suoi sospetti sul conto di Moretti raccontando un episodio significativo:
«Giorgio doveva trovare una sistemazione momentanea per due nuovi arruolati nell’organizzazione, così aveva domandato a Moretti se la base milanese di via Balestrati, dove avevano abitato Mario e Paola Besuschio, fosse “pulita”, cioè sicura, e lui gli aveva risposto che era un appartamento di massima sicurezza; ma appena i due nuovi brigatisti ci si erano installati, nella base aveva fatto irruzione la polizia…
E quando Giorgio a muso duro gli aveva chiesto spiegazioni, Mario si era giustificato dicendo di essersi sbagliato, in effetti quella base era tenuta d’occhio dalla polizia… Semeria era convinto che Moretti fosse una spia».
I sospetti dei brigatisti del nucleo originario, tutti detenuti, sul conto di Moretti – l’unico rimasto libero – danno luogo a un’inchiesta interna alle BR, affidata a Lauro Azzolini e Franco Bonisoli (entrambi del Comitato esecutivo).
L’inchiesta non sortisce risultati: origina solo le proteste dell’ex pupillo dei Casati Stampa, il quale, venutolo a sapere, pretende le scuse scritte da parte dei brigatisti detenuti che l’hanno voluta. Ormai è lui il nuovo numero uno delle BR: non solo per la modesta caratura di tutti gli altri brigatisti ancora in libertà, ma anche perché fra loro è il terrorista di più antica data, il solo che conosce tutti i risvolti dell’organizzazione, e l’unico che da quattro anni riesce a sottrarsi ai carabinieri e alla polizia.
- Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti.
- Vincenzo Tessandori. BR Imputazione: banda armata. Cronaca e documenti delle Brigate Rosse.
- Pino Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse
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