9 Maggio 1974
Scoppia una rivolta nel carcere di Alessandria, a pochi chilometri dalla prigione del Popolo di Mario Sossi.
Le Brigate Rosse emettono il Comunicato n°5.
Nel carcere di Alessandria (a pochi chilometri dalla “prigione” dove i brigatisti tengono Sossi), scoppia una rivolta: tre detenuti armati catturano un gruppo di ostaggi (personale carcerario), e chiedono la libertà in cambio del loro rilascio.
Sul posto vengono fatti affluire reparti di carabinieri guidati dal generale Dalla Chiesa. Fingendo una trattativa, il procuratore Carlo Reviglio della Veneria e il generale preparano un’azione di forza.
L’esito del blitz è disastroso: 7 morti (di cui 5 fra gli ostaggi) e 14 feriti.
Scriverà Franceschini:
«I giornali presentarono la vicenda come fosse direttamente collegata con il sequestro Sossi, ed esaltarono l’azione di Dalla Chiesa arrivando a definirla come la prova generale di quello che sarebbe potuto succedere una volta trovata la prigione di Sossi.
Per noi, chiusi con il magistrato a non più di 15 chilometri dal luogo della strage, quella minaccia fu più concreta che mai. Feci leggere i giornali al prigioniero e ne fu terrorizzato: intuì, ancora una volta, come la sua vita fosse strettamente collegata alle nostre, quelle di cui parlavano i giornali non erano soltanto minacce ma avvertimenti precisi.
Quella volta Sossi restò un po’ in silenzio, come stesse valutando lucidamente la situazione. Poi si rivolse a me: “So che la mia vita, per lo Stato, non vale nulla. Però nella mia attività di magistrato mi sono capitate tra le mani inchieste particolarmente delicate, che ho insabbiato per ordini superiori e di cui conosco bene gli estremi. Se ve le racconto e voi le rendete pubbliche forse riusciamo a salvarci tutti”.
E cominciò a parlarci di un traffico di diamanti con una nazione africana in cui, in cambio delle pietre preziose, venivano fornite partite di armi. Il tutto con la complicità di Catalano, allora capo della squadra politica della questura di Genova e uomo di fiducia di Taviani. Ci sembrò di entrare nei segreti dello Stato, le rivelazioni di Sossi ci esaltarono, le rendemmo pubbliche. Fu da quel momento che noi e Sossi diventammo realmente complici»
Nel frattempo un gruppo di amici di Mario Sossi raccoglie un riscatto da offrire alle Brigate Rosse in cambio della liberazione. Raccolgono quasi 300 milioni di lire. A fare da intermediario pare debba essere un ambiguo personaggio che comparirà a breve nella storia delle Brigate Rosse: Silvano Girotto (alias Padre Leone, alias Frate Mitra) un frate cattolico finito a fare il guerrigliero in America Latina e ora rientrato in Italia.
Anche la moglie di Sossi cerca di contattare i brigatisti, avendo
proposte concrete da sottporvi. Chiedo un dialogo o un contatto diretto. Posso comunicare telefonicamente o con messaggi scritti nella forma e con le modalità che mi verranno indicate da voi. Posso venire personalmente, accompagnata da persona provata di assoluta fiducia e prestigio, nel luogo e nelle condizioni che mi verranno indicate. Detta persona può venire anche sola. Verrei io stessa da sola se non temessi per le mie bambine già tanto addolorate in questi giorni. Assicuro comunque il più assoluto segreto: la garanzia maggiore, per voi, è sapere mio marito nelle vostre mani.
Le Brigate Rosse restano assolutamente indifferenti a queste ricerche di contatto.
Sossi comincia quindi a parlare. La sera le Brigate Rosse depositano il messaggio a Genova, in una cassetta delle lettere di Via Goito 18. Impaziente, il «postino» telefona due volte, a distanza di mezz’ora, alle redazioni del «Corriere Mercantile» e del «Secolo XIX». E rischia di essere sorpreso da due cronisti precipitatisi sul posto.Il tono del documento è aspro, risentito. Sono i brigatisti ora a prendere le distanze dai rappresentanti del sistema, dagli uomini del governo. Il documento è intitolato “Non trattiamo con i delinquenti!”.
Si chiedono perché Paolo Emilio Taviani voglia far diventare Sossi un martire e perché le “forze di sinistra” li dipingono come gang mafiose.
Ribadiscono inoltre la richiesta di liberazione per i detenuti della 22 Ottobre.
Taviani viene trattato come un delinquente, vengono fatte rivelazioni sul traffico di armi (grazie alle rivelazioni di Sossi) che fanno rabbrividire magistrati e poliziotti di Genova. Gli appunti di Sossi e il verbale dell’interrogatorio verranno rielaborati dalle BR ed inviati come relazione a “L’Espresso”.
Insieme al comunicato viene diffuso anche un altro messaggio di Sossi alla moglie.
Visto l’atteggiamento che l’UMI ha tenuto nei suoi confronti (consigliando alla politica di non cedere al ricatto delle BR), Sossi dichiara l’intenzione di dimettersi dall’associazione:
“Cara Grazia, stai tranquilla e tieni tranquille le bambine e la mamma. Sto bene e riconfermo i miei precedenti messaggi. Ora per mia esclusiva iniziativa, ti prego di comunicare al segretario generale dell’UMI, a Roma, dottor De Matteo, Palazzo di Giustizia, la mia irrevocabile decisione di dimettermi dall’UMI con effetto immediato. Prosegui la tua battaglia. Baci a voi tutti Mario.”
Testi
- Pino Casamassima, Il libro nero delle Brigate Rosse
- Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti.
- Vincenzo Tessandori. BR Imputazione: banda armata. Cronaca e documenti delle Brigate Rosse.
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