Recensione di Il fascismo eterno di Umberto Eco
Il fascismo eterno di Umberto Eco è la trascrizione di un intervento fatto da Eco alla Columbia University e pubblicato da La Nave di Teseo nel 2018.
Il testo di questo intervento (realizzato originariamente in inglese) pronunciato da Umberto Eco alla Columbia University il 25 Aprile 1995 era stato pensato principalmente degli Stati Uniti scossi in quei giorni dall’attentato di Oklahoma City e dalla scoperta che negli USA esistevano ancora organizzazioni militari di estrema destra.
Il bello di questo libriccino in fondo è proprio questo: la sua analisi lucida e dettagliata di quello che Eco chiama “Ur-Fascismo” o “Fascismo Eterno”, tutte quelle caratteristiche che delineano un movimento totalitarista e prevaricatore che in sé non possiede una vera e propria ideologia.
Viviamo in un periodo storico dove molte di queste caratteristiche si stanno palesando di nuovo, mentre lo Stato e molti organi di stampa continuano a ripetere che il fascismo non esiste più, che non esistono più la destra e la sinistra, che non c’è più bisogno di essere antifascisti.
Le caratteristiche del Fascismo Eterno secondo Eco sono:
- Culto della tradizione, per la famiglia tradizionale rivendicando le proprie radici storiche e religiose.
- Rifiuto del modernismo e a qualsiasi idea di cambiamento, giudicando il presente come immorale se paragonato al passato.
- Culto dell’azione per l’azione e rifiuto della cultura. Ad esempio proporre misure semplici, drastiche e immediate a qualsiasi problema, anche se irrealizzabili.
- Considerare il disaccordo tradimento.
- Paura della differenza.
- Continuo appello alle classi medie frustrate.
- Considerare allo stesso tempo i nemici troppo forti e troppo deboli.
- Considerare la vita una guerra permanente.
- Ritenere che ciascuno sia educato a diventare un eroe.
- Tenere atteggiamenti machisti.
- Inneggiare al popolo e autonominarsi suo interprete contro i ‘putridi governi parlamentari’. Considerare quella dei propri seguaci la voce ‘vera’ del popolo.
- Utilizzare una neo-lingua, ossia un lessico povero in cui i seguaci si riconoscono, così da limitare il pensiero critico.