Recensione di The outsider di Stephen King
The Outsider è un romanzo di Stephen King pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2018.
Comincio questo romanzo con ansia e voglia, perché leggo l’AV Club definirlo “L’It dell’era Trump notevole e veramente bello”.
All’inizio non capisco cosa intendano dire: nella cittadina di Flint City un bambino di dieci anni viene ucciso e stuprato in un parco, e il colpevole viene presto arrestato: è Terry Maitland, allenatore delle squadre giovanili cittadine. Lo incastrano una serie praticamente infinita di testimonianze, tanto che la polizia arresta il sospettato in pubblico, davanti a centinaia di spettatori. Solo che qualche dubbio comincia a sorgere durante l’interrogatorio dell’uomo, che oltre ad essere incensurato e amato da tutta la comunità, sembra avere anche un alibi inattaccabile…
E, devo dire, fin qui il romanzo è assolutamente avvincente. Un thriller ottimamente scritto, che ti tiene con il fiato sospeso, attaccato alle pagine, a cercare di arrivare a capire come sbrogliare questa situazione incredibile…
Poi qualcosa comincia a cambiare. Il genere letterario cambia, vira verso il brivido, l’immaginario mostruoso tipico di King, e si comincia anche a capire perché il romanzo venga paragonato (decisamente a torto) all’It del nuovo millennio.
Ritroviamo Holly Gibney di Mr Mercedes così, un po’ all’improvviso e senza una ragione apparente. Che diventa subito protagonista della parte più immaginaria della narrazione. Un bellissimo personaggio, ma che mi avviso qui viene inserito un po’ forzatamente, il suo ingresso nella trama andava inserito molto più lentamente e meno all’improvviso.
In It c’era una tensione continua, i protagonisti erano molto meglio strutturati, ed era una favola moderna in cui il bene è eternamente in lotta con il male e bisogna combatterlo, per quanto sembri spaventoso.
Qui tutto questo manca.