29 Ottobre 1975
Irruzione delle Brigate Rosse nella sede del “Centro Studi” di Confindustria a Milano.
Nel tardo pomeriggio una donna e tre uomini irrompono nella sede del Centro Studi di Confindustria, al piano terra di Via Morigi, 2. Alla porta gli sconosciuti dicono di essere militi della guardia di finanza, appena all’interno estraggono le pistole. «Siamo delle Brigate Rosse e dobbiamo compiere la nostra missione». Negli uffici, cinque persone: il direttore, professor Giuseppe Longhi, Giacomo Cotto, Daniela Barbieri Fabbri, Mauro Guerrieri e Moreno Mozzi. Di fronte alla armi puntate il professor Longhi dice: «Qui non ci sono documenti importanti, il centro raccoglie solo dati di mercato e indagini economiche. Non c’è materiale di carattere politico». I guerriglieri lo ignorano, tolgono da alcune borse catene con le quali legano gli ostaggi e sigillano loro la bocca con cerotti. Poi li perquisiscono, dai portafogli prendono i documenti. Quindi inizia un accurato esame dei cassetti delle scrivanie. Ritenuti interessanti, molti documenti finiscono nella borse. Un brigatista con una bomboletta spray traccia sul muro la sigla dell’organizzazione e una frase contro il “compromesso storico”, un altro cosparge i telefoni di acido: «Chi tocca rimarrà ustionato», avverte.
Comanda l’azione un uomo sui trentacinque anni, calmo, grassoccio, baffi orgogliosi, che dà ordini con voce tranquilla e sicura. «Poteva essere Renato Curcio», diranno le vittime. Ma non esistono indizi certi. Scritta sul muro anche la minaccia che l’attacco si concluderà soltanto dopo aver colpito il cuore dello stato, i brigatisti se ne vanno, i cinque incatenati rimangono immobili alcuni minuti. Poi Giacomo Cotto afferra un fermacarte posato sulla scrivania e lo scaglia contro una finestra. Al rumore accorre il figlio del portinaio, Alvaro Decet, finisce così quel tranquillo pomeriggio di paura. Le indagini sulle bierre riprendono, gli inquirenti ritengono verosimile l’ipotesi che il comandante del nucleo armato fosse Curcio. Le sole tracce lasciate dai brigatisti, comunque, sono le catene e alcune copie del manifesto autoadesivo inneggiante al “Comandante Mara”.
- Vincenzo Tessandori. BR Imputazione: banda armata. Cronaca e documenti delle Brigate Rosse.
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