Cuori in Atlantide
Pubblicato nel 2000, Cuori in Atlantide è una raccolta di racconti che messi insieme formano una sorta di romanzo lungo 40 anni.
Infatti i cinque racconti sono slegati l’uno dall’altro, hanno protagonisti differenti, ma alla fine, sullo sfondo c’è sempre uno dei personaggi (principali o meno) del primo, “Uomini bassi in soprabito giallo“.
Per chi ha letto la saga della torre nera, leggere “uomo basso” dovrebbe fare strabuzzare gli occhi. Il primo racconto parla dell’infanzia di tre bambini di undici anni: Bobby Garfield, Carol Gerber e John Sullivan, e della loro amicizia. Parla anche del complesso rapporto tra Bobby Garfield con un anziano signore che si trasferisce sopra l’appartamento dove vive con la madre. Ted Brautigan. Quel Ted Brautigan? Proprio lui. Questo racconto e l'”avventura nel Connecticut” di cui parlano i Taheen ad Algul Siento (e se non capite di cosa sto parlando… Beh, leggetevi “La Torre Nera”, no?).
Il secondo racconto, che da il titolo alla raccolta, “Cuori in Atlantide“, parla del primo semestre di università di alcuni ragazzi, che invece di studiare intavolano interminate partite a Cuori. Sullo sfondo comincia ad intravedersi la Guerra in Vietnam e le contestazioni dei pacifisti e dei figli dei fiori.
Il terzo, “Willie il Cieco“, salta già temporalmente a dopo la fine del conflitto, dove un reduce si finge cieco chiedendo l’elemosina ai bordi delle strade di Manhattan. Anche se la storia non è nemmeno lontanamente così semplice.
Il quarto, intitolato “Perchè siamo finiti in Vietnam” parla dell’incontro tra due reduci in occasione del funerale di un loro ex-commilitone. L’incontro è l’occasione per muovere una dura critica al conflitto, ma più che sulle motivazioni ideologiche (la lotta al comunismo, la guerra come business, ecc.) King si concentra su quello che ha lasciato a questi ragazzi ventenni deportati nella giungla a combattere una guerra assurda. A quello che ha lasciato quasi trent’anni dopo, alle soglie della vecchiaia.
Il quinto, “Scendono le lunghe ombre della notte“, è un brevissimo epilogo, dove ritroviamo un Bobby Garfield cinquantenne al funerale del vecchio amico John Sullivan.
Sarà la nostalgia e la malinconia che pervadono le pagine di questa raccolta, praticamente dall’inizio alla fine (per l’infanzia perduta, per l’amore perduto, per le occasioni di riscatto perdute, per l’innocenza perduta…), ma a mio avviso questo resta uno dei migliori lavori di questo autore.
Cuori in Atlantide (nel titolo della raccolta i “Cuori” sono da intendere come anime, persone, esseri, mentre nell’omonimo racconto ci riferisce al celebre gioco di carte “Hearts”) e molto più di un’analisi della società ai tempi della guerra in Vietnam. Atlantide è il continente dell’utopia, del sogno, della perfezione; quel continente dove la vita scorre piena e felice, in pace. Questa raccolta è la storia della sua caduta. Del suo inabissarsi nell’oceano, che lascia dietro di se, in superficie, soltanto gli echi della sua leggenda.
Citazioni da “Cuori in Atlantide”
“Era il bacio con il quale sarebbero stati confrontati tutti gli altri della sua vita, per risultare puntalmente inferiore”
“Nessuno sa fare una sega come una ragazza cattolica”
“Scommetto che ai tempi dell’altro ieri, quando erano intrepidi i cavalieri, più un giullare di corte fosse finito appeso per le palle”
“I cuori sono duri, Pete. Il più delle volte non si spezzano. Il più delle volte si piegano soltanto”
“Così io accesi la radio e la baciai, e c’era un punto, un certo punto, le sue dita mi guidarono lì e ci fu un momento in cui fui lo stesso vecchio posto di prima e poi ci fu un posto nuovo dove essere. Lei era calda li dentro. Molto calda e molto stretta. Mi sussurrò all’orecchio, facendomi il solletico con le labbra.
-Piano. Finisci bene bene gli spinaci e forse avrai il dolce-.
Jackie Wilson cantò Lonely Teardrops e io andai piano. Roy Orbison cantò Only the lonely e io andai piano. Wanda Jackson cantò Let’s have a Party e io andai piano. Mighty John fece pubblicità al Brannigan’s, l’abbeveratoio più alla modadi Derry, e io andai piano. Poi lei cominciò a mugolare e non furono le sue dita sul mio collo ma le sue unghie che vi scavavano dentro e quando cominciò a muovere i fianchi contro di me in piccoli colpi bruschi non potei andare piano e allora alla radio cantarono i Platters. Twilight Time cantarono, e lei cominciò a mugolare che non sapeva, non aveva mai immaginato, oh Dio, oh Pete, oh mamma mia, oh Gesù, Gesù Cristo, Pete, e avevo le sue labbra dappertutto, sulla bocca e sul mento e sulle guance, una frenesia di baci. Sentivo cigolare il sedile, sentivo l’odore di fumo di sigaretta e l’aroma del pino del deodorante appeso allo specchietto retrovisore e ormai mugolavo anch’io, non so che cosa, i Platters cantavano: ogni giorno prego di essere con te la sera, e poi cominciò ad accadere. L’andirivieni si trasformò in estasi. Chiusi gli occhi, la tenni fra le braccia con gli occhi chiusi e mi sciolsi dentro di lei in quel modo, come sempre succede, tremando dalla testa ai piedi, sentendo la suola della mia scarpa martellare contro lo sportello in uno spasmodico tam-tam, pensando di poterlo fare anche se stavo morendo, anche se stavo morendo, anche se stavo morendo”.“L’incidenza dei suicidi tra i sopravvissuti dell’Atlantide è stata piuttosto alta. E non fa meraviglia, credo: quando il tuo continente ti s’inabissa sotto i piedi, ti crea complicazioni in testa”
“Uccidere in nome della pace è come scopare in nome della castità”
“Noi siamo la generazione che ha inventato i Super Mario Brothers, gli ATV, i sistemi di guida laser per i missili e il crack. Noi abbiamo scoperto Richard Simmons, Scott Peck e il Martha Stewart Living. Noi abbiamo mollato Eldridge Cleaver per Eddie Murphy. Il nostro concetto di clamoroso mutamento nello stile di vita è l’acquisto di un cane. Le ragazze che bruciavano il reggiseno ora comprano lingerie Victoria’s Secret e i ragazzi che scopavano impavidi per la pace sono ora dei grassoni seduti a notte fonda davanti allo schermo dei loro computer a menarsi il pistolino mentre guardano foto di diciottenni nude via internet. Così siamo noi, fratello, a noi piace guardare. Film, videogame, spezzoni di inseguimenti di automobili dal vivo, scazzottate al Jerry Spinger Show, Mar McGwire, World Federation Wrestling, udienze per l’impeachment, a noi non importa, a noi piace solo guardare. Ma c’è stato un tempo… Non ridere, ma c’è stato un tempo in cui avevamo davvero tutto nelle nostre mani”
“Abbiamo avuto l’occasione di cambiare tutto. Un’occasione concreta. Invece ci siamo accontentati di jeans firmati, due biglietti per Mariah Carey alla Radio Music City Hall, sconti delle compagnie aeree per clienti abituali, il Titanic di James Cameron e programmi di accantonamento previdenziale. La sola generazione che si sia mai avvicinata a noi in pura, egoistica autoindulgenza è la cosiddetta Generazione Perduta degli Anni Venti e almeno la gran parte di loro aveva la decenza di restarsene ubriachi. Noi non siamo stati capaci di fare nemmeno quello. Dio, se siamo scarsi”
“Era così che finivano davvero le guerre […], non ai tavoli della pace ma nelle corsie degli istituti dei tumori e nelle mense degli uffici e negli ingorghi stradali. Le guerre morivano un pezzettino per volta, ciascun pezzettino come un ricordo che si perde, ciascun ricordo perso come un’eco che svanisce sui saliscendi sinuosi delle colline. Alla fine anche la guerra alzava bandiera bianca. O così sperava. Sperava che alla fine anche la guerra si arrendesse”
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